Se dovessi scegliere un titolo alternativo per questa recensione al Dracula di Mofatt e Gatiss, miniserie realizzata per BBC e disponibile su Netflix, esso sarebbe: “L’occasione mancata”. Il che, dal mio punto di vista, è peggio che dire: “brutto”.

Tuttavia, so che il Conte capirebbe perfettamente; egli stesso, all’inizio del secondo episodio, scende le scale (Wow! So sexy!) dicendo: “I brutti libri sono davvero intollerabili, non è vero? C’è un impegno! C’è un contratto tra un autore e il suo lettore. E io ho bisogno di essere coinvolto all’istante. D’altronde… Non abbiamo tutto il tempo del mondo.”

Ecco, se “libri” sta per “storie”, il “Dracula” di Mofatt e Gatiss non sarebbe andato giù nemmeno al suo protagonista.

Al di là delle citazioni, infatti, l’impressione è quella di trovarsi davanti a un incrocio fra Lucifer e Il silenzio degli innocenti, con qualche tocco di Alien.

Ottimo l’omaggio a Bela Lugosi e Sir Christopher Lee ma – a fronte di qualche buona intuizione riguardo al romanzo (relazione Dracula/Harker), embrione di attualizzazione (Dracula come agente virale) e ritorno al personaggio del villain (invece del postmoderno vampiro innamorato) – resta il “sapore” (sempre per dirla con il Conte) di un minestrone che tiene più a riesumare certa cinematografia che a portare in luce la modernità dell’opera di Stoker.

La narrazione, soffocata da battutine (anche nel romanzo c’è ironia, ma è ben più sottile e perversa!) e becera rivisitazione dei personaggi (l’esempio più eclatante? La “strana” suora Van Helsing! La (Ma)donna intelligente – come la Mina del romanzo – che combatte il Demonio!) non solo viola il patto di coinvolgimento autore-spettatore ma prende sotto gamba anche il problema del tempo che, invece, è una faccenda seria (tanto più se hai a che fare con un essere immortale), per risolvere la quale non bastano un paio di cartelli, la reincarnazione dell’antagonista (anziché dell’amante, come in Coppola) e una manciata di dialoghi stile “Hannibal Lecter vs Clarice”.

È vero, ogni tanto scappa anche una frasetta che ti fa pensare a un discorso più profondo (ad esempio l’essere innamorati della morte, riferito a Dracula, che lo fa emergere come figura del “doppio” proprio in relazione alla sua antagonista Van Helsing e il tema del “coraggio di morire” in una società narcisista che non ammette più la morte) e nel secondo episodio, ambientato sul “Demeter,” troviamo anche Conrad e il suo “Compagno segreto”… ma non basta: Mofatt e Gatiss avrebbero semplicemente dovuto far rivivere, senza splatter, il Dracula “classico”; il Dracula “doppio oscuro” di tutti noi, quello che ci seduce, ci fa “impazzire”, che ci porta a fare cose che non avremmo mai fatto e che, allo stesso tempo (pur con il suo timore del sole) ci illumina e ci aiuta a rispondere alla domanda: “Io chi sono”?