C’è chi potrebbe porsi il legittimo dubbio circa lo scopo, il fine di una pubblicazione come Rarities. Questione legittima, per carità, ma quando trattasi di un gruppo come i Burning Gates, la domanda è chiaramente destinata a cadere nel silenzio. La retorica non conta nulla. Il cuore, il sentimento (“Nel profondo”) invece, tanto.
Rarities è opera necessaria. Resa tale dalla storia stessa dei Burning Gates, dalla loro non comune vicenda artistica; completa un percorso, fornisce ulteriori tessere atte a definire un quadro complesso. Ci permette di approfondire la loro evoluzione, stimare il loro “peso” nell’ambito di un genere, il gothic rock, limitato certo, ma non per questo povero di iniziative. Essi ne presidiano l’ala più pura: pochi fronzoli, un impatto frontale devastante, la spinta formidabile di un autentico collettivo, dove tutti danno il loro contributo di sangue al risultato finale. E’ questa la loro forza. Un minuto e trentatre secondi: “Catch (fragment)”. La forza impressionante che il quartetto sprigiona in questa scheggia di puro gothic nephiliano vale più di mille argomentazioni. L’irruenza schietta di “Nel profondo” e la compostezza solenne di “To the moon”, ricordi di esordi ormai lontani (“Risvegli”, di dove provengono, data 1996), la furente “Time will crawl” (da “New moon” del 2018, il loro rientro in scena), una delle quattro cover che Rarities ospita, le altre sono “The drowning” dei Christian Death (da “Catastrophe Ballet”), scelta non scontata, poi “Amelia” di The Mission e “Train” dei SoM, padri putativi mai rinnegati, per la “par condicio” dovevano esserci tutte e due. Come fecero i Funhouse, con i quali hanno condiviso palchi e praticano ancor oggi lo stesso verbo. Eppoi la versione 2015 di “Burn”, piece crepuscolare che lascia trasparire una poetica disperata, la carica serrata di “Grain of sand” (entrambi gli originali, da “Aurora Borealis”, 1998) che paga debito nei confronti dei Killing Joke (ed il citato album conteneva “The wait”), una “Your secret (mk I)” ancora più spoglia e sofferta nell’esposizione della sorella maggiore presente su “Wounds” del 2001, dal quale è tratta pure la classica “Waxfire”. Giusto trarle dall’ombra, queste perle, alcune grezze altre più raffinate ì, tutte comunque assolutamente indispensabili. Questi sono i Burning Gates, come non voler loro bene? Cuore, sangue, anima. Il gothic rock ed il suo Credo. Burning Gates.