Abbiamo menzionato Heldom per la sua recente collaborazione con l’analogo progetto Danheim e ci piace, dunque, segnalare anche il suo debut album, uscito quest’anno con il titolo Myrkr. Ci troviamo ancora una volta in Danimarca: il monicker scelto da Janus Pedersen, Heldom, è connesso con la mitologia scandinava e contiene la radice ‘Hel’, cioè ‘inferno’ e questo la dice lunga sull’ispirazione della sua musica, collocabile fra il dark folk di stampo nordico, con l’uso di strumenti tipici dei vichinghi, e oscure reminiscenze elettroniche; Myrkr, del resto, in antico norreno significa proprio ‘oscurità’. Il disco contiene nove brani, molti dei quali strumentali e, benchè folk nordico se ne sia ascoltato parecchio, ultimamente, le atmosfere che Heldom è in grado di creare suscitano impressioni notevoli. Si incomincia con “Aska” e il suo cupissimo paesaggio elettronico di qualità vagamente magica, a tratti scandito da un vivace ritmo tribale e animato da tetri echi in lontananza. Subito dopo, la extended version di “Blodfest”, frutto della citata collaborazione con Danheim, che abbiamo commentato a suo tempo, parlando di Skapanir; la seguente title track, con le sue ancestrali sonorità ha una rara forza evocativa. Troviamo poi l’ipnotica “Geysa” e la sua essenza ‘tribale’ derivata da strumenti tradizionali non meglio identificabili, mentre “Sortnar”, uno degli episodi più belli, che vede il contributo del musicista/cantore islandese Sigurboði Grétarsson, richiama alla memoria misteriosi quanto emozionanti riti sciamanici e “Ofring” abbina suoni ‘naturali’ a suggestive trame elettroniche e ritmica cadenzata disegnando, ancora una volta, uno scenario nordico fosco e inquietante; in “Nágrindr” l’atmosfera cupa e ‘sospesa’ suscita visioni di primitive battaglie. Infine, bypassate le arcaiche – ma anche ‘arcane’! – sonorità di “Vandagr”, “Skalla”, ispirata alla saga islandese di Egill, conclude con solennità e suggestione un album stimolante e coinvolgente.
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