L’anima nera degli Helalyn Flowers.
Chiunque frequenti queste benedette pagine dovrebbe conoscere Maxx Maryan. Con N0emi Aurora condivide la sigla Helalyn Flowers, in partnership con la quale ha saputo consolidare una meritata fama in ambito alternative/electro/goth/glam. Ma Maxx ha alimentato interessi in vari settori del microcosmo sonoro, leggasi il progetto IMJUDAS e le partecipazioni ad iniziative rilevanti, anche se circoscritte quando risonanza, le quali hanno sicuramente contribuito ad una maturazione artistica che trova un ulteriore sviluppo in Black Shine Fever.
Ove la matrice HF si riconosce, spogliata ovviamente dell’allure glamour che la caratterizza e prosciugata fino a riportarla alla base (il “lievito madre”, rubo a mia moglie e mia figlia che accanto a me discettano di panificazione). Poi Killing Joke, The Sisters of Mercy “Vision thing”-era, Nefilim (la portata di un disco come “Zoon” non è mai stata valutata con la giusta correttezza e sopra tutto con la doverosa equità), una voce debitrice dello stile proprio del post-punk più autentico ed incompromesso (i più “anziani” di voi concorderanno), ecco alcuni indizi che vanno indagati, volendo apprezzare questo disco. Che un difetto lo porta in dote: l’evidente tendenza a sovradimensionare, a voler dimostrare la bravura che già riconosciamo all’Autore. Ma che gli perdoniamo, essendo egli pronto a rientrare, a ricomporsi, a ridefinire la traiettoria. Compone, esegue, produce. Ma appunto la materia la conosce e l’esperienza non gli difetta, permettendogli di superare agevolmente qualsiasi opstacolo. Alla furia iconoclasta di “Metanoia” (ecco il death ibridato con il goth!) contrappone la convincente “Uraniam (Ad Gratiam”) che non rinuncia alla foga virile, ma che meglio incanala il suo ardore. Convinzione ribadita in “The seven bells of doom”, sorta di cavalcata notturna attraverso deserti di nera cenere. Tutto concorre a definire un disco che trae spunto sì dal passato, ma che “suona” attuale, sia nelle soluzioni adottate sia nello spirito (quella disincantata, grandiosa e decadente visione che si può rintracciare, non scandalizzatevi, nei Muse).
Impegno profuso senza risparmio, la volontà di mettere in mostra le proprie capacità (anche a rischio, come sopra enunziato, di esagerare) che ci mostra un Autore completo, un risultato sicuramente positivo (messo subito in chiaro fin dall’elaborata piece iniziale “De profundis calmavi/Disincarnate”). Ma di questo, stante le referenze, eravamo certi.
Via negativa, la metà oscura.