Jasamine White-Gluz è la sorella di Alissa, cantante dei noti metallers Arch Enemy, che accoglie l’invito all’ospitata della congiunta (termine decisamente in uso, ultimamente) e che si limita a cacciare qualche urlaccio su “Dream rats”. Meglio così. Motherhood è opera di Jasamine, ed è ascrivibile alla fertile corrente dream-pop (esemplari l’introduttiva “Birthmark”, la slowdiveana “Kidder” e “Primal curse”), anche se l’Autrice, coadiuvata da Jorge Elbrecht, si concede più di qualche divagazione tematica. La track-list custodisce alcune piccole perle di genere, come “Why mothers die”, ove la White-Gluz (che oltre a cantare suona piano, chitarra e synths) si lascia prendere per mano dalle Lush, “Ageless”, e quivi si rintraccia una lieve vena a la Goldfrapp che impreziosisce il delicato ordito della canzone, e “Signal lights”. Pulsioni shoegaze e deviazioni dal tracciato principale non mancano, ribadisco, e concorrono a donare all’opera una auspicabile varietà stilistica (l’introversa “Fish”, la citata e rumorosa “Dream rats”), anche se alcuni episodi, ad un reiterato ascolto, potrebbero apparir fuori luogo. Già in passato la compositrice di Montreal, Canada, si era dedicata a collaborazioni (Pete Kember degli Spaceman 3), questo è lo spirito dell’Artista che si nutre di confronti e di nuove sfide. Disco assai piacevole,  peccato per la copertina. Brutta.