Autori di un bell’ep edito in formato chiavetta (un oggettino da collezione, chi lo possiede può confermare, per gli altri ci sono ancora delle copie disponibili), i Sun’s Spectrum (Livio Caenazzo e Daniele Iannacone) continuano nell’opera di evoluzione sonora che contraddistingue il loro progetto. Tratto comune l’attenzione alla forma, leggasi una confezione assai curata che mette in bell’evidenza il loro logo, il che, nel mare magno di pubblicazioni che contraddistingue questi “strani tempi moderni”, è di fondamentale importanza, permettendo al fruitore di distinguere il “prodotto” ed i suoi creatori. Belle le immagini del booklet che fungono da eccellente complemento ai fondamentali contenuti sonori dell’opera, la joint venture inaugurata con l’attenta Final Muzik (le pubblicazioni della quale sono finalizzate alla qualità ed alla immediata identificazione dei nomi in catalogo) permetterà loro di ottenere quell’esposizione che, pur con tutte le lodevoli intenzioni che sottendono, l’operare in modalità DIY non consente.
Dieci brani, dei quali quattro inediti, altrettanti “ricuperati” dall’ep omonimo conservati nell’originaria veste ed ulteriori due (centrali) opportunamente sottoposti ad un “update” che li rende ideale ponte fra (recente) passato e presente. La componente elettronica prevale senza prevaricare in “Intrusion”, “Lucent” e “Heaven”, caratterizzate le prime due da ritmi incalzanti, la terza aprendosi a suoni più rarefatti, riprendendo in parte il mood oscuro ed introverso di quella piccola hit underground che è “It was like Autumn”. Qui la voce di Livio Caenazzo si mostra a proprio agio, essendo ben predisposta all’approccio profondo al canto, non un timbro particolare il suo bensì funzionale alla struttura dell’opera. Le voci femminili assai gradevoli ed il ricorso a soluzioni formali che rimandano agli anni ottanta (ed ai Depeche Mode) stabiliscono un collegamento con gli In Strict Confidence. Un bilanciamento perfetto fra fredda elettronica e voci “celestiali”, mentre “Torch#1” (ultima inedita in scaletta) si espone a suoni più muscolari, poggiando su chitarre che fanno sentire il peso della loro presenza andando ad irrobustire la fitta trama intessuta dalle tastiere e riportando l’attenzione dell’ascoltatore su architetture sonore più ardite e d’impatto. Una svolta improvvisa dagli effetti attenuati dalle entranti “Elevate” e dal suo incedere compassato e da “Just a destiny” che mantiene il ritmo sostenuto.
Chiusi la recensione dell’ep con la frase “visione rivolta al futuro”. Don’t chase the light realizza l’auspicio; l’inserimento dei Sun’s Spectrum nel novero ristretto degli acts alternativi più interessanti non rappresenta un riconoscimento semplicemente dovuto.