Perturbator è il solo project del polistrumentista anglo/francese James Kent, in attività da diversi anni nel campo dell’elettronica, che, ultimamente, si è votato con convinzione alla causa dark per pubblicare, nel 2021, Lustful Sacraments, un lavoro a tinte tenebrose, incentrato su temi impegnativi come gli eccessi e l’autodistruzione: in sostanza, puro nettare per le nostre orecchie. Ci sono gli anni ’80 in Lustful Sacraments, ma non solo: il gothic rock si sposa con l’elettronica più ‘futuribile’ per proporci un mondo popolato di inquietanti visioni dal taglio fantascientifico; l’alfabeto dell’oscurità non ha segreti per Kent, che oscilla fra il cinema orrorifico e il ‘tormento’ postpunk, padroneggiando entrambi con un’originalità che diventa quasi una sorpresa. Vediamo più da vicino: l’opener “Reaching Xanadu” apre su uno scenario cupo e drammatico dalla prospettiva grandiosa, di stampo decisamente ‘cinematico’, ed è infine il suono di un oggetto che si frantuma ad introdurre le radici goth del nostro con la bella title track, ‘ambientata’, per così dire, in uno dei più tetri ‘antri’ dei Sisters of Mercy, dei quali si ritrova anche la potenza. Troviamo quindi “Excess”, che si avvale del contributo vocale di Maniac 2121 e, a parte qualche breve, opportuno rallentamento di natura ‘ambientale’, carica il classico postpunk di un’energia talmente convulsa da adombrare un inseguimento; Maniac 2021 riappare un po’ più in là in uno dei brani più complessi, “Dethroned Under A Funeral Haze”, caratterizzato da un’atmosfera di straordinaria oscurità ma di notevole fascino. “Secret Devotion” si avvale di un’altra significativa collaborazione, quella con gli americani True Body, che sembrano in qualche modo rischiarare il clima fin qui claustrofobico spostandolo su orizzonti più sfumati e languidi, pur tornando, in fondo, alla tensione: il tutto fluisce ‘plasticamente’ nella traccia successiva, “Death Of Soul” che ci fa ritrovare sonorità violente e ‘tecnologiche’ degne dei NIN, come è stato fatto notare. Sulla stessa linea anche “Messalina, Messalina”, che riversa un profluvio di suoni tumultuosi in alternanza dal goth all’industrial metal mentre, in chiusura, la splendida “God Says” ci regala un momento fra il solenne e il sinistro, concludendo nella tenebra più totale un album irresistibile.
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