Arriva il nuovo lavoro di Danheim aka Mike Schæfer Olsen e le note degli antichi riti, le voci degli dei pagani risuonano fra paesaggi gelidi e caliginosi, evocando misteriose e inquietanti magie. In Domadagr si concretizza, a mio avviso, la fusione ottimale fra i cupi arrangiamenti elettronici in cui Olsen tipicamente eccelle e il folk nordico/vichingo: Danheim può ormai affiancare Heilung, SKÁLD, Forndom e forse anche i Wardruna nella celebrazione di un genere tra i più emozionanti ed espressivi esistenti in questo momento. L’album contiene tredici brani e, onestamente, si fa fatica a trovarvi un difetto. Apre la title track, la cui ipnotica ripetitività, unita alla ritmica tribale, cattura subito l’interesse pur suscitando un impressionante effetto di disorientamento: essa ottiene comunque l’obiettivo di liberare la fantasia dell’ascoltatore, consentendogli di condividere con l’autore le visioni e i foschi scenari che appartengono alla sua musica. La seguente “Skaldhakker”, frutto di un’ulteriore collaborazione con Heldom, insiste sull’impostazione tribale con un apparato ritmico davvero brillante, così come risultano efficaci le ‘grezze’ tonalità della parte vocale che creano una sorta di ingannevole disarmonia. La bellissima “Einherjar” esordisce sinistra con ‘tamburi’ che chiamano alla carica, procedendo poi su oscure e impervie vie, mentre “Runar”, uno degli episodi più suggestivi, riprende i ‘bellicosi’ tamburi, introducendovi però sia delicati passaggi melodici che ‘muscolosi’ momenti vocali e “Gall Goídil”, ove tanti hanno evidenziato l’influsso celtico, riafferma il mood melodico con archi e flauto, per un intervallo arioso ed evocativo; in “Runamal” e nel suo riferimento alle rune, pare materializzarsi un enigmatico e tenebroso incantesimo. Quindi, bypassata “Grima” con la sua suggestione dal sapore corale, non si può non menzionare, poco dopo, la splendida “Skylda” che, ancora una volta, sembra celebrare lo spirito battagliero e coraggioso dei vichinghi e la sua componente vagamente mistica, mentre “Undergang”, già uscita in precedenza come singolo, registra uno dei più riusciti contributi di Heldom. La chiusura è affidata alla breve “Havkrydser”, con il suo vocio ‘trionfale’ cui fanno da sfondo, fra le altre cose, suoni tratti dalla natura: un finale straordinario per un album che si può solo amare.