Questo disco dal titolo estenuante rivela un approccio ben più complesso alla materia sonora di quanto possa apparire ascoltando distrattamente alcuni frammenti. Si potrebbe classificare come doom, ala estrema, ma esso si mostra incline all’accoglimento ed alla sperimentazione di suoni che rendono più articlata la trama di ognuno dei sei pezzi (nessuno dalla durata estesa oltre gli otto minuti circa) ivi contenuti. Da sottolineare che il progetto HB rappresenta una estensione delle convinzioni religiose dell’unico membro Ryan Scott Fairfield, il quale chiaramente si assume l’onere dell’esecuzione in toto, coadiuvato dalla voce (in questo album, pubblicato inizialmente solo su cassetta, si limita a sporadiche entrate) della consorte Brittney.
L’apertura affidata ad “Ever gloom” aderisce al doom iper-rallentato che edificò sui Thergothon l’alone di fama che tutt’oggi li avvolge come un grigio sudario, ma invito il lettore ad andare oltre, Ryan crea un alone mistico/liturgico corroborato dalle sue istesse inclinazioni spirituali. Avendo aderito, seppur pare per breve parentesi, alla Church of the Final Pilgrimage, una congregazione minuscola della quale poco si conosce, in questo rivelando affinità (solo teoriche) con i Mansion/Mansion Congregation ed altri progetti che abbracciano/abbracciarono le istanze del metal estremo per esternare il loro credo, seppur certi di operare a favore di pochissimi, è palese che tale esperienza giuoca un ruolo significativo nell’ambito del suo operato. Ritmi iper-rallentati, vocione gorgogliante, chitarre che entrano apportando dosi di distorsione, ma è con “Flesh borer” e con “On the altar” che si fa più evidente l’interesse che Fairfield nutre nei confronti degli esponenti del ritualismo applicato alla musica. L’ultimo titolo annotato, che chiude Deathsongs… richiama tra gli altri i nostri amati Albireon, e tutto così si chiarisce: la componente sonora di Hallowed Butchery è minoritaria, per l’Autore conta ben altro.
