Quarto album per Kristin Hayter, aka Lingua Ignota che, divenuta una delle artiste di culto dell’ultimo quinquennio, continua la sua esplorazione dei tormenti dell’anima umana – soprattutto femminile – producendo musica di rara intensità, come è sua abitudine. Sinner Get Ready parla sempre di violenza e sopraffazione, stavolta da un’angolatura, per così dire, religiosa ponendo al centro il fanatismo dei contesti più provinciali – principalmente la Pennsylvania – che la Hayter conosce per esperienza personale. Come nei lavori già noti, Lingua Ignota si dimostra in grado di esprimere, usando formule anche estreme, emozioni e passioni generalmente derivate da stati di profonda sofferenza: l’ascolto non è sempre facile e si può rivelare, per chi non abbia dimestichezza con la produzione precedente, addirittura disturbante. Apre “The Order Of Spiritual Virgins”, un ‘compendio’ in nove minuti circa dell’eclettica ispirazione della musicista, la cui formazione classica si evidenzia qui nonostante le disperate invocazioni, gli svariati virtuosismi vocali e gli improvvisi, pesanti rumori. L’atmosfera angosciosa suscitata dall’opener dilaga quindi anche nella seguente “I Who Bend The Tall Grasses”, dove però è prevalente il mood religioso/rituale, con un ‘pio’ organo in sottofondo ad accompagnare l’impeto a tratti furibondo del canto, mentre “Many Hands”, rilevante per l’uso davvero originale di cordofoni non facilmente riconoscibili e per il curioso gioco di voci, procede cadenzata suscitando funebri visioni; “Pennsylvania Furnace”, uscita anche come singolo, rappresenta una delle vette emotive del disco poiché, nel raccontare una tristissima leggenda, sa evocare, come pochi altri brani musicali, la percezione del lutto e del dolore senza limiti. Poi, “Repent Now Confess Now” torna a scenari intrisi di spiritualità religiosa e inserisce, all’interno di un impianto tipicamente classico, una serie di dissonanze appena distinguibili ma sufficienti ad infrangerne la solennità ‘misticheggiante’ e, se “The Sacred Linament of Judgement” si può considerare principalmente un omaggio all’ugola di Hayter, “Perpetual Flame Of Centralia” regala un ulteriore momento commovente, facendo riferimento all’incendio di Centralia, città della Pennsylvania che brucia incessantemente dal 1962 e per questo è stata abbandonata da quasi tutti i suoi abitanti. Infine, la poliedricità di “Man Is Like A Spring Flower”, che si discosta dalle tonalità più tragiche per offrire una variegata fantasia di suoni, e la suggestione trascendente di “The Solitary Brethren Of Ephrata” che, nell’accennare al Chiostro di Ephrata, richiama per sonorità e canto l’atmosfera di una chiesa, concludono degnamente un altro lavoro da non dimenticare.