Ecco infine la seconda parte dello speciale dedicato a Lucio Parrillo, dopo l’introduzione dell’articolo (“Lucio Parrillo: un alfiere della Fantasy Art italiana“) pubblicato qualche settimana fa su questo sito. Stavolta l’artista calabrese, di stanza a Firenze, si racconta nell’intervista del nostro S*Tox, spaziando dai suoi esordi alle influenze dei grandi artisti e illustratori, senza tralasciare l’esperienza con Marvel e DC Comics che lo ha reso celebre in tutto il mondo!
Come hai scoperto il tuo talento per la pittura ed il disegno? E cosa ti ha indirizzato verso il mondo delle arti visive, ed infine nell’ambiente culturale proprio dei comics e games?
Principalmente grazie a mio padre, perché anche lui è artista: pittore e scultore; ed è anche stato mio docente all’artistico per i primi due anni. È stato lui a darmi l’imprinting, già prima del liceo artistico. Aveva tantissimi libri, un’enorme libreria ricca di volumi dedicati ai grandi artisti del passato, Dalì, Velasquez e tanti altri. Lui mi ha dato le basi e mi ha indirizzato verso l’arte. Ero piccino quando già cominciavo a buttar giù i miei primi scarabocchietti ispirandomi a mio padre, che vedevo fare cose bellissime. Mio padre è bravissimo nell’arte figurativa e negli studi anatomici. Lui quindi mi ha dato la spinta e mi ha aiutato negli studi. Sempre lui mi ha indirizzato verso il mondo dei comics. Oltre ad essere un artista e professore al liceo artistico, mio padre è anche un grande appassionato di comics. Ogni giorno portava a casa fumetti, tipo Tex e quelli della Bonelli, l’Eternauta ed altri; così ho conosciuto l’arte di Segrelles, Manara, Serpieri. Mi ha fatto scoprire questi grandi artisti e disegnatori contemporanei. Anche Vallejo: è stato mio padre che un giorno portò a casa un giornale con delle stampe in bianco e nero di dipinti di Vallejo, e mi sottolineò la bravura del maestro peruviano. Col tempo poi, acquistando fumetti anche io, e continuando a fruire degli acquisti di mio padre, mi sono appassionato al mondo dei comics, senza comunque tralasciare i miei studi artistici.
Vivi a Firenze da tempo ma sei orgogliosamente calabrese, provenendo dalla città di Mattia Preti e Mimmo Rotella, artisti così diversi per epoca e concept. Le tue radici portano linfa alla tua arte?
Vivo a Firenze ma sono assolutamente orgogliosissimo di essere calabrese, perché è una terra bellissima, rovinata però da poche persone che sono vere e proprie locuste, direi parassiti che l’hanno rovinata e continuano purtroppo a farlo. La Calabria è un posto meraviglioso con paesaggi stupendi: mare, spiagge, alberi, posti la cui bellezza non ha nulla da invidiare alle Hawaii e ai Caraibi. C’è tanta arte e tanta cultura. Qui c’era la Magna Grecia, ci sono ancora tantissimi posti non inquinati dai parassiti di cui dicevo prima, ma anche resti dell’antichità greca, anfiteatri, sculture, anfore e vasi, purtroppo seppelliti per costruirci sopra o fare altro. Però c’è da ricordare che abbiamo avuto grandissimi artisti come appunto Mattia Preti, suo fratello e tantissimi altri nel corso dei secoli. Ne vado assolutamente orgoglioso e sicuramente mi hanno dato la scintilla per poter dire: “ce la posso fare anche io, anche se provengo da un posto che apparentemente è così piccolo e lontano dal mondo”. Di Mimmo Rotella preferisco non parlare: per come la penso io, quello che fa non ha niente a che vedere con l’arte.
Nel corso della tua carriera hai davvero spaziato tanto, veleggiando dai personaggi Marvel e DC Comics a quelli di giochi di ruolo come Magic The Gathering, da soggetti caratteristici della letteratura fantasy a veri e propri classici letterari, ma la tua comunicazione visiva sembra ormai definita in forme che rendono il tuo stile personalissimo. Qual è il tuo approccio al soggetto pittorico, quali emozioni intendi trasmettere attraverso le forme che crei?
Ho lavorato per forse il 90 % delle case di comics e games a livello mondiale. Me le sono passate un po’ tutte. Dai giochi di ruolo, gioco di carte collezionabili ma anche cinema. Fantasy e Science Fiction. Perfino giochi per bambini. Insomma … di tutto e di più. A livello di comunicazione visiva baso tutto sulla pittura del passato. Sono appassionato della pittura del ‘700 e del ‘800, ma anche ‘600, tipo e Caravaggio. Prevalentemente però attingo agli insegnamenti di Francesco Hayez, Bouguereau, Ciseri a cui mi ispiro tecnicamente. Ho studiato le loro tecniche, andando spesso nei musei, e continuo ancora farlo, nonché sui libri. Ho messo insieme la tecnica tradizionale classica del passato con i soggetti moderni. Anche perché gli artisti del passato facevano esattamente lo stesso lavoro che facciamo noi oggi. Erano illustratori perché su commissione riproducevano scene bibliche o mitologiche; la mitologia dei tempi moderni è costituita dai personaggi Marvel e DC, come all’epoca erano Poseidone o i personaggi biblici. Oggi è il cinema che comanda, le grosse aziende sono quelle che fanno cinema e noi lavoriamo per queste aziende, come nel passato ad esempio una grossa azienda in tal senso era la Chiesa Cattolica, che sovvenzionava gli artisti con tantissimi soldi dell’epoca ed imponeva sul mercato le proprie regole. Oggi lavoriamo per altre aziende che sono quelle che fanno cinema, video games e comics. Sono cambiati i soggetti ma facciamo esattamente lo stesso lavoro. Le tecniche di disegno e pittura sono rimaste uguali, si è solo aggiunto il digitale. I critici d’arte oggi si sono inventati un po’ di sciocchezze per promuovere artisti che fanno cose “nuove” e spingerli per fare soldi, tipo arte moderna informale ed astratta, ma in realtà sono degli ignoranti. Per fare un mestiere bisogna studiare, soprattutto sugli artisti del passato. Non ci si può improvvisare buttando del colore sulla tela. Sono molto critico su questo. Ci sono regole ben precise che bisogna studiare seriamente, e costano tanta fatica.
Il tuo immaginario attinge a piene mani dal mondo fantasy, ma il tuo stile non indulge nel caldo esotismo dei colori primari che ad esempio hanno fatto grande Boris Vallejo, ma sovente tende verso atmosfere decisamente gotiche. Che ne pensi? Che influenze emergono nel tuo tratto?
Il mio immaginario è sicuramente Fantasy. Ho studiato Boris Vallejo, Frazetta e Segrelles e mi piace tantissimo la Fantasy Art, ma come giustamente hai notato mi piacciono anche ambientazioni tendenti al gotico, personaggi più cupi. Non so dirti perché, forse perché mi ricordano di più Caravaggio: le tinte scure, più teatralità nelle pose, personaggi che emergono dall’oscuro. Più che altro quello, per un discorso di luci ed ombre.
La donna è un tema dominante nei tuoi lavori, e non solo nelle iconiche illustrazioni di Red Sonja e Vampirella. La tua visione della donna è forse sintetizzata nel tuo volume “Vampires vs Amazons”? … un po’ guerriera ed un po’ vampira?
Si, ho lavorato molto su personaggi femminili, ma non per qualche motivo particolare. In realtà è capitato che mi sono stati commissionati molto più soggetti femminili che maschili, tipo Vampirella, Red Sonja eccetera, perché ho lavorato a tempo pieno o quasi con la Dynamite e mi hanno dato specialmente personaggi femminili, ma non mi dispiace disegnare o dipingere personaggi maschili come Wolverine o Conan. Anzi ti dirò che se dovessi scegliere tra il fare un Conan o una Vampirella sceglierei Conan tutta la vita. Mi darebbe la possibilità di esagerare. Avrei meno l’ansia di fare il visino carino o il corpo proporzionato, anzi su Conan mi posso sbizzarrire, sfogare a fare muscoli esagerati, la faccia brutta, il naso storto; lavorerei più in scioltezza. La donna è una sfida perché la devi fare carina, deve piacere, non puoi farla con il naso grosso o labbra storte. L’espressione deve essere sempre piacente. Su Hulk o Wolverine puoi sfogarti molto di più. Ti dico la verità: preferisco fare personaggi maschili. Tra vampire e amazzoni o la classica damigella col fiore in mano, poi, prediligo più la prima tipologia femminile: c’è più azione, più gusto, più … “peperoncino”.
Un tratto dominante della tua arte è l’estrema attenzione all’anatomia dei personaggi, la cui ricercata perfezione ricorda la grecità classica. Altra reminiscenza delle tue origini magnogreche?
Si, cerco di attenermi il più possibile alle regole anatomiche classiche. Ho studiato tanto l’arte del passato ed è una sfida tentare ancora oggi di seguirne le regole. Spesso però mi piace anche l’esagerazione e sfogarmi di più caricando le espressioni e le anatomie.
Di pari passo con la maestria nella definizione anatomica dei personaggi da te dipinti va la forte suggestione erotica che ne scaturisce. Eros e Thanatos? Come si rincorrono i due temi nella tua creatività?
L’eros e la suggestione erotica … più che altro è un discorso commerciale. Nel momento in cui si fa la copertina la gente è attratta di più da determinati soggetti e compra il libro perché c’è una copertina che stuzzica, colpisce. Se fai in copertina una donna vestita col fiorellino in mano colpisce molto meno di una Vampirella col sangue sulle labbra, sexy e con attributi femminili in vista. È un discorso prettamente commerciale.
La tua arte ha ormai conquistato gli States. Cosa ci puoi dire della tua esperienza Oltreoceano?
Sono oltre vent’anni (forse venticinque) che lavoro negli U.S.A. e devo dire che mi sono trovato benissimo dal punto di vista lavorativo, della serietà, rispetto all’Italia in cui sono sempre stato ostacolato e non si capisce il perché. E continuano a farlo. Negli U.S.A. mi hanno dato possibilità di esprimermi in mille modi diversi e tutt’oggi c’è grande ammirazione nei confronti della mia arte. In Italia le case editrici invece non mi danno spazio, pubblicano le mie cose solo perché arrivano dagli States e sono costrette a farlo. Purtroppo in Italia la simpatia e l’antipatia giocano un ruolo ancora importante, non si guarda al valore e alla professionalità dell’artista. È l’opinione che ho maturato frequentando le fiere: in Italia lavori proposti la sera prima dopo qualche giorno non hanno avuto più seguito. Probabilmente non sono il tipo “lecchino”, che si inginocchia a chiedere lavori: in Italia le cose funzionano così. Negli States invece se piaci e vendi vai benissimo, continuano a darti del lavoro e la gente ti segue.
Il tuo atelier a Firenze, prima della tragedia Covid 19, era diventato un punto di riferimento per esposizioni e stages; pensi di riprendere, se possibile, tali esperienze?
L’atelier a Firenze è chiuso, a causa della “cavola” di pandemia. Era diventato un punto di riferimento per tanti artisti, studenti, ragazzi e visitatori. Riprenderà mi auguro al più presto, spero a settembre o ottobre, vedremo come saremo messi. Avevamo in programma di organizzare eventi importanti. Abbiamo già avuto grandi ospiti internazionali in questi ultimi anni e vogliamo andare avanti con queste attività. Offrire mostre, workshop, lezioni singole, con la partecipazione di artisti internazionali ed italiani. Speriamo di riprendere presto.
A quali progetti stai ora lavorando? Puoi anticiparci qualcosa?
I progetti a cui sto lavorando al momento sono più o meno “i soliti”: copertine Marvel, per DC e Dynamite, ossia le principali case editrici per cui sto lavorando fisso ogni mese. Poi ci sono varie case editrici indipendenti americane che mi chiedono copertine saltuariamente. Di recente ho avuto una proposta dal Giappone di cui al momento però non posso dire più di tanto. Un mese fa è venuta a trovarmi in Calabria una troupe televisiva giapponese per una intervista e si prospetta di fare qualcosa in terra nipponica, ma il progetto è ancora in fase embrionale per cui semmai ne parlerò pubblicamente più avanti.
Grazie Lucio per la tua disponibilità, buon lavoro!