Terzetto svedese dedito ad un suono possente che si pone a metà esatta tra doom ed hard rock; tumultuante, sinistro, suddiviso in nove tracce, altrettante schegge ignee che non si lasciano sopraffare dal caos, tutt’altro, lo dominano (“The woods” ed i suoi richiami all’isteria-Pentagram). Hanno all’attivo, con il presente Temple of Haal, tre dischi, ma operavano già nel 2012 sotto le insegne dei Serpent, dai quali provengono Mattias Ottosson (basso e voce), Joakim Olsson (batteria) ed Adam Lundqvist (chitarre), osservanti del verbo sabbathiano ma non ortodossi. La title-track e “King Serpent” sfiorano la grandezza di Iommi ed accoliti (i perfetti intrecci strumentali), rimanendo rispettosamente un passo indietro. Spesso si lanciano a velocità sostenuta, ma è quando il passo rallenta che tutta la loro esiziale potenza di fuoco s’esprime, liberandosi in tracce mortifere come “Olorin song”. Ovvero la cupa “Behind the veil of eyes” per la quale è stato girato pure un video: pura essenza di oscurità scandinava, con rimandi all’epicità crepuscolare dei Candlemass, Maestri riconosciuti e padri fondatori del doom. E così sia.
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