Tessiture fini per un rock dreamy tratteggiato da toni delicati, ecco quanto proposto dal quintetto dei Sofsky. Frutto del coagulo e del confronto delle diverse esperienze formative dei singoli componenti, Sleepy cat si presta ad un ascolto rilassato, riservando comunque all’ascoltatore più d’una sorpresa. Il dream-pop ascensionale di “Clusterphobia” scava anse di delicatezza, ma su “Different keys” e su “Slow breaking” cala l’oscurità ad avvolgere l’anima: la notte attraversata a bassa velocità, con le luci al neon che scivolano via pigre di fianco. Altrove il contesto si fa più rilassato, come le atmosfere di “Her shoes are wings to fly” e di “Mon Ologue” punteggiate dal basso che risponde con prontezza alla batteria, mostrandosi entrambi i brani sorprendentemente maturi ed attraenti nella loro porzione finale. Ma i Sofsky si riferiscono con accortezza pure a certo pop anglosassone temporalmente collocato a fine ottanta, rivendicando comunque la chiara paternità del loro progetto (“Paradox”), mentre la title-track riverbera riflessi dai mille colori.  

Brezza serotina che fa scivolare via le note.