I polacchi Schröttersburg hanno da poco pubblicato un nuovo lavoro, Om Shanti Om, che, uscito a distanza di circa un anno dal precedente Dalet, ci attesta quanto la band si trovi attualmente in uno stato di grazia dal punto di vista creativo, favorito per altro dal forzato isolamento nel periodo del lockdown: l’interruzione di tutte le abituali attività l’ha infatti indotta a sperimentare profondamente sul suo sound, ampliando l’ispirazione originaria con significative incursioni ‘industriali’ e con l’introduzione di sonorità ‘etniche’, soprattutto di natura mediorientale; si è appunto saputo dell’utilizzo di strumenti nuovi e insoliti – kalimba, barili di petrolio, djembe, karatala e altri – che ha prodotto risultati singolari e interessanti. Il titolo dell’album, che contiene la parola ‘shanti’ (in sanscrito = pace), rimanda al mantra per la pace (pace nella mente) e allude dunque ad una ricerca interiore volta a evocare una situazione di rilassamento e liberazione: a essere onesti, non sono proprio pensieri di pace che la musica di Schröttersburg sa trasmettere, bensì immagini generalmente oscure e angosciose. In Om Shanti Om troviamo sei brani privi di titolo, contrassegnati solo dai numeri I-VI. La prima traccia procede per oltre nove minuti in un teso e bizzarro paesaggio ‘orientaleggiante’ intriso di una spiritualità arcana, con passaggi animati da vivaci ritmi tribali. La seconda, che segue senza soluzione di continuità, mantiene l’impronta etnica introducendo tuttavia visioni assai più cupe dal sapore kraut, dove la voce si scatena aspra e tormentata, creando effetti molto inquietanti; nel terzo brano, immerso in totale oscurità, ritroviamo il debito con il postpunk nella sua versione più sofferta. Quindi, la quarta propone un esordio ‘morbido’ con malinconiche note di chitarra e uno sviluppo successivo più melodico, sia pure, ancora, in chiave ‘arabeggiante’, mentre la quinta punta nuovamente alla ritmica importante, su cui si basa l’intera struttura del pezzo con la parte vocale che compare solo come intercalare ipnotico e ripetitivo; l’ultima traccia, anch’essa lunga oltre nove minuti, opta per un andamento uniforme e un’atmosfera decisamente sinistra, ‘movimentata’ da variazioni di ogni genere, e conclude l’album confermando l’attitudine oscura di un progetto che continueremo a seguire.
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