I Fontaines DC hanno reso decisamente speciale l’estate 2022 se, ovunque siano andati, l’accoglienza è stata ben più che positiva e sono fioccate recensioni entusiastiche. Come coronamento di un amore nato nel 2020 – e solo perché Dogrel, l’album del 2019, è colpevolmente sfuggito alla nostra attenzione – eccoci presenti alla data di Padova del 16 agosto, per accertare direttamente se un’esibizione live dei cinque irlandesi merita effettivamente il plauso che già avevamo riservato ai loro ultimi due dischi.

foto di Mrs. Lovett

Il primo batticuore, in verità, lo aveva causato il meteo che, per giorni, ha minacciato di rovinare la serata con un acquazzone che sarebbe stato il benvenuto qualunque altro momento, ma, per una volta, la fortuna è stata dalla parte del pubblico e la pioggia è giunta invece la sera precedente, giusto per rinfrescare un po’ le temperature bollenti dell’ultimo periodo, mentre per la data dello show abbiamo avuto la soddisfazione di un cielo azzurro e una dolce brezza, con il Parco della Musica in grande spolvero, pronto a ospitare quella che molti, inclusa chi scrive, ritengono la più importante giovane band degli anni recenti. Il fatto poi che, per la serata, oltre i Fontaines DC non fossero state previste altre esibizioni, ha reso più leggera l’attesa e infatti, con solo trenta minuti di ritardo rispetto all’orario indicato sui biglietti, annunciati dalla bellissima versione di Bella ciao eseguita da Tom Waits, i cinque sono apparsi sul palco, davanti a una folla notevole, molto disponibile a far loro festa e a divertirsi.

foto di Mrs. Lovett

Sullo sfondo di un addobbo fiorato, dall’aria stranamente natalizia, Grian Chatten si rivela assolutamente un gigante. Se la sua fama è dovuta ad una voce che ad alcuni provoca irritazione e ad altri, come la sottoscritta, godimento, il frontman del gruppo spicca come anima e centro di questo progetto, divenuto mitico in un tempo brevissimo, muovendosi di continuo fra gli strumenti, con una gestualità nervosa ma non necessariamente tormentata – ecco che il paragone con Ian Curtis, al di là di una vaga somiglianza fisica, appare poco calzante e anche inutile – e iconico diviene il vizio continuo di ‘torturare’ la maglietta rigata oversize che indossa sui modesti pantaloni di una tuta: forse il sintomo di una timidezza che inclina alla tensione di fronte a un pubblico caloroso quanto esigente, che mostra, fra l’altro, di sapere a memoria il repertorio della band. Sono infatti diventati popolari, i Fontaines DC, pur avendo alle spalle una carriera ancora fresca, sviluppatasi in un periodo davvero nero per gli spettacoli dal vivo. Hanno puntato sulla semplicità e sulla sostanza di ciò che creano, parlano poco ma la musica parla per loro… e dice molto! Non sono propriamente postpunk – tanti l’hanno rilevato – e quindi vengono solitamente definiti ‘indie’, ai ‘gotici’ per lo più non interessano, anche perché non si può dire che vogliano imitare artisti del passato, nonostante i riferimenti non manchino: nella musica raccontano se stessi e il posto da dove vengono, le esperienze lontano da casa, l’amore per l’Irlanda e l’amore in generale, in termini che chiunque può capire. Sul palco propongono i loro pezzi esattamente come li conosciamo, ‘tirandoli’ un po’ per renderli più emozionanti dal vivo, i suoni arrivano diretti come frecce, il basso è una bomba – buffo abbinarlo ad una figura dall’aspetto innocuo come Conor Deegan III, agghindato con un cappellino da pescatore… – ma anche le chitarre fanno più che degnamente la loro parte; per il resto, niente trucchi o effetti speciali – il glam non abita più qui – poche interazioni con i presenti tranne qualche ‘grazie’ e la ricerca di un contatto sul bordo della pedana o con le braccia in alto, per sentire la partecipazione più intensa e reale: del resto, come potrebbe essere diversamente?

foto di Mrs. Lovett

Per venire alla musica: appena si sentono le note del basso l’eccitazione dilaga: succede subito con “In ár gCroíthe go deo” e succede ancora nel corso dell’esibizione, anche perché il basso c’è sempre, spesso all’inizio. L’atmosfera si scalda immediatamente e la folla è carica, la gente poga a volontà con “A Lucid Dream”, “Chequeless Reckless”, “Too Real”, mentre “I Don’t Belong” manda in visibilio me, come “Jackie Down The Line” o “Televised Mind”: sto provando a scrivere un report obiettivo, ma in verità sto già pensando alla voglia che ho di riascoltarli in concerto il più presto possibile. Per altro, i cinque non si risparmiano, di Skinty Fia, calcolando anche i bis, ci regalano ben otto brani, e tanta generosità viene premiata da un entusiasmo incontenibile; infatti si balla, si grida, l’emozione giunge al parossismo assai prima della fine e quando è chiaro che il gruppo sta per lasciarci arriva il basso di “I Love You”, il pezzo di Skinty Fia con cui il concerto termina: non il più frenetico, non il più ‘danzereccio’ ma uno di quelli malinconici e un po’ ‘imbrociati’, che sono così tipici per i Fontaines DC, eseguito con un’intensità che brucia e rimane dentro, ci rende felici di aver condiviso questo momento e ci lascia con il desiderio di poterlo vivere ancora e ancora.

foto di Mrs. Lovett