Ancora un progetto proveniente dalla Turchia – paese che, a questo punto, merita decisamente tutta la nostra attenzione – i Ductape hanno pubblicato nel 2022 il secondo lavoro, Ruh, grazie al quale condividono con noi il loro mondo oscuro e claustrofobico. Furkan Güleray e Çağla Güleray mostrano di aver imparato bene la lezione dark europea, lungo la strada già tracciata, in precedenza, dai grandi She Past Away, arricchendola di tutta la rabbia suscitata dal caos circostante: la musica, caratterizzata da una spiccata componente elettronica spesso di impronta ‘industriale’, contiene un elemento profondamente drammatico, espresso fra l’altro da linee di basso assai efficaci, che la bella voce di Çağla evidenzia ulteriormente. Si comincia con l’opener “Sinners”, dall’esordio aggressivo e cupissimo che introduce scenari inquietanti e spettrali ove il canto risalta, gelido e distante. Subito dopo la ricetta varia poco in “Never”, in cui basso e chitarra ‘sprigionano’ sonorità angoscianti mentre “Kesik”, che si avvale del contributo di Brek alla voce, opta per un contesto intriso di disperazione piuttosto che di ossessione, scandito da un basso di grandissima personalità; “Hatirla” ostenta la malinconia senza uscita che possiamo aspettarci da un’ispirazione più che mai vicina allo stile postpunk originario. Anche la successiva “Fire” omaggia la tradizione e davvero tenebrose appaiono le tonalità canore di Çağla, qui al suo meglio, mentre “Gregor” accelera e propone una ritmica incalzante per tormentate e ‘ansiogene’ visioni. Infine, il fosco paesaggio elettronico di “Sevmiyor”, che fa da sfondo a un canto languidamente introspettivo, e il rimbombante basso abbinato alla straniante voce di “Sorular” – impossibile non notare qui la somiglianza con i cupi accenti di Larissa Iceglass di Lebanon Hanover – concludono in mood desolato un album che promette sviluppi interessanti.
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