La ghost-story è un filone della letteratura fantastica con una grandissima tradizione: le sue origini si perdono nelle nebbie del tempo e risalgono fin all’antichità. Per qualche strana ragione questa particolare forma narrativa, ha trovato terreno fertile soprattutto in Gran Bretagna. In Italia è rimasta storica la celebre antologia Storie di fantasmi (curata Fruttero e Lucentini) pubblicata da Einaudi nel 1960 – un libro che, a suo modo, è stato seminale nel nostro paese per la diffusione del fantastico dove venivano presentati scrittori come Montague Rhodes James, Oliver Onions, Algernon Blackwood, Arthur Machen ed H.P. Lovecraft. In realtà anche da noi non mancherebbero le ambientazioni adatte – basti pensare alle nebbie padane – ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano. Il nostro Dino Buzzati scrisse, ad esempio, diversi racconti di fantasmi ed era un grande ammiratore di Montague Rhodes James tanto che curò l’introduzione a una sua antologia – Cuori strappati – edita da Bompiani.
Ora le meritorie Edizioni Alcatraz di Milano rendono disponibile, a conferma di questa teoria (sostenuta anche dai citati Fruttero e Lucentini) secondo cui, per qualche strana ragione, siano gli inglesi a scrivere le migliori storie di fantasmi, un libro di Patricia Squires intitolato Il fantasma nello specchio. Il volume era uscito l’ultima volta nel 1975 con il titolo “Le fantôme dans le miroir” per Marabout, la storica casa belga di cui l’editore milanese ripropone come di consueto la splendida grafica. Questa ristampa ha il merito di riportare alla luce un’antica pepita. Si tratta in effetti di racconti che sono hanno un’atmosfera tipicamente inglese e sono ambientati nel Sussex. Il libro è anche l’unico mai pubblicato da questa particolare autrice ed era caduto (ingiustamente) nel dimenticatoio. La Squires è particolare in quanto sembra credere alle sue storie: secondo lei le avrebbe scritte usando come fonti le interviste fatte nel Sussex a diverse persone. Si può ragionevolmente dubitare della veridicità di questa affermazione eppure tutto questo dona un fascino particolare a questo volume. La scrittrice inglese era anche moglie di un medium che, a sua volta, scriveva racconti del soprannaturale. La sensazione è che credeva davvero nei fantasmi e nelle vicende narrate. Alla fine non è il terrore (che pure c’è con episodi di presenze poltergeist) a caratterizzare le vicende qui narrate: i fantasmi sono infatti presenze quasi ordinarie e chiedono che sia fatto qualcosa perché possano infine trovare la pace. In definitiva siamo di fronte ad un libro gradevole: la Squires non era forse un’autrice di grande talento ma nondimeno questi racconti sono molto gradevoli.