Se il nome (escludendo omonimie) vi risultava fino ad ora sconosciuto, condivido con voi questa carenza, a nostra discolpa peccato non grave. Fear City (il titolo afferisce alla New York degli anni ottanta, non proprio una metropoli tranquilla) è l’albo numero quattro del complesso tedesco governato dal chitarrista Markus Ullrich, rinforzato da Richie Seibel che vanta trascorsi nei Lanfear e negli Ivanohe, complessi inquadrati nel plotone del metal progressivo, che conta inoltre sul timbro possente di KK Fossor. Un concept che fornisce ulteriore sostanza al corpus narrativo (assai sostanzioso) che ha visto la luce con “Sweet Hollow” del 2016, e che poggia su un metal cromato impreziosito dalle tastiere pomp di Seibel, determinanti nella costruzione di un apparato sonoro potente ed a tratti anche troppo indulgente in soluzioni che appaiono ormai scontate. Considerato il tema, la struttura viene opportunamente rivestita d’un manto horror confacente allo svolgimento della narrazione, una pellicola comunque leggera che lascia in trasparenza un telaio fieramente metallico. Azzardo un riferimento al Lizzy Borden degli esordi, anche se la consistenza è ben altra (in difetto però). Il logo ricorda qualcuno, vero?