Dopo Abrahadabra, album di debutto del duo greco formato da Natasa Koumi (testi e voce) e Babis Nikou (musica), ritorno agli HADA 肌 in occasione del loro secondo album, In the Heart of an Endless Winter, e questo accade proprio in un freddo sabato invernale.
HADA 肌 in giapponese significa “pelle” e mi evoca il sensuale biancore di certi colli di maiko che ho visto a Kyoto, o la superficie di una schiena sulla quale è possibile scrivere cifre segrete prima che la neve cancelli ogni traccia, seppellendo tutto sotto la sua coltre.
Se, da un lato, il bianco richiama il concetto di purezza, dall’altro, tanto più in Oriente, è il colore della Morte.
Anche nel mondo degli HADA 肌 tutto è lunare, niveo, a cominciare dalla voce di Natasa, che scende da altezze siderali ma poi si tuffa in sonorità più oscure e finisce per creare una sorta di ossimoro: il “white goth”, una variante “eterea” della darkwave o, se vogliamo anticipare la linea interpretativa che troverete in questa mia “non-recensione” come al solito concentrata sull’aspetto lirico, una “congiunzione degli opposti”.
E, dunque, iniziamo…
“White Sister” è un’ouverture strumentale quasi allegra, nella quale sentiamo i fiocchi di neve volteggiare nell’aria, ma subito “Ice, Eden” svela in quale dimensione gli HADA 肌 ci stiano portando.
Il testo della canzone è la traduzione inglese dell’originale tedesco di un testo poetico di Paul Celan [1] e – come scrive Mario Pezzella nel suo bell’articolo su Celan e l’alchimia:
il riferimento alchemico si fa evidente nella seconda strofa, dove si parla di un processo di purificazione dei metalli alcalini (forse in particolare dell’alcali di ammonio, che si volatilizza per riscaldamento). Tale processo avviene in una “notte” oscura, ribadita due volte.[2]
Es sieht, denn es hat Augen, / It sees, for it has Eyes
die Helle Erden sind. / Earths they are, and bright.
Die Nacht, die Nacht, die Laugen. / Night, Night, Alkalis.
Es sieht das Augenkind. / It sees, this Child of Sight.
Secondo l’alchimia spirituale il processo di purificazione consente di ritornare a una vita precedente la “caduta” dei progenitori e il conseguente “congelamento”, ovvero la cacciata dall’Eden, la negazione della vitalità, la morte, la tomba, l’inferno (secondo certa iconografia, Lucifero viene precipitato in un lago ghiacciato).
In questo senso, dato un contesto di purificazione e trasformazione, “Ouranos” sembra un’oscura preghiera, rivolta a un Cielo straniero, dal quale giunge un messaggero arcano, latore di un verbo “originario” ma di difficile interpretazione (come una lingua straniera, appunto):
Arcane, Archangel [3], Ουρανέ [4], Stranger
As I strive to understand / Solar winds against my heart /
Little prayers of methane / All things pass, all stay the same
Il temi del congelamento, della distanza dalla vita e il richiamo all’alchimia tramite l’uso degli elementi che formano il Cosmo (le “preghiere di metano” come gli Alcali di Celan), ritornano attraverso le immagini dell’iceberg e dello scioglimento (il dissolvimento del ghiaccio, il “solve” alchemico):
There’s an iceberg in my belly / A good friend, a silent ally /
Are we melting still in space / In my dreams I touch your face
Un dissolvimento che, in chiusura della lirica, rimanda a due personaggi femminili, entrambi presenti nelle tragedie shakespeariane: Cordelia (Re Lear) e Ofelia (Amleto).
Cordelia, Ophelia, I know you, you know me / Pale daughters of the Seer / Your spirits upon me
In letteratura le due fanciulle rappresentano, in qualche forma, l’asservimento e l’”annegamento” della femminilità di fronte alla follia del potere maschile mentre; nella mitologia greca, le figlie di un famoso veggente, Merope, furono Arisbe, la prima moglie di Priamo, da quest’ultimo ripudiata, e la sorella minore Clite che, rimasta vedova impazzì e si impiccò.
Gli spiriti di queste donne, pertanto, suggeriscono la presenza di una perdita, di un lutto, di un monito ma, anche, di una trasformazione.
La quarta traccia, “Helichrysum” (Elicriso) è dedicata, infatti, al fiore che nella Grecia classica era considerato una pianta solare, simbolo dell’immortalità, e veniva utilizzato come decorazione ai matrimoni o sulle tombe.
È una canzone che parla di memoria, di vicinanza e amore senza fine:
And life is an everlasting flower / When you’re near / Nothing scares me / Oh, you and your secret power
“Ascent of the Blessed” (strumentale) e “Neurons” , dalla quale è tratto il verso che dà il titolo all’album, ricostruiscono una nuova consapevolezza rispetto alla vita e alla morte:
I live in the heart of an endless winter / I am the pale sun of your faded agony
(…)
I move through the fog of a spiny certainty / A chord long gone, an ancient melody
(…)
Your face is the face of redemption / I live in the heart of an endless winter
L’inverno, il freddo e la pietra (altro motivo alchemico, il lapis dei filosofi), sono un disvelamento di ciò che accade prima della trasmutazione finale. La pietra è anche la lapide, ovvero il marmo della tomba. Per trasformarsi in oro la materia deve morire.
Così, in “Madonna Medusa”, penultima traccia di un album nel quale musica e liriche lavorano in sintonia perfetta, compare un’altra figura della mitologia classica: la Gorgone il cui sguardo pietrificava chiunque osasse incontrarlo e che fu decapitata da Perseo.
Secondo una versione del mito, tuttavia, Medusa era una bellissima fanciulla che fu trasformata in orribile mostro dai capelli serpentini perché sorpresa da Atena a congiungersi con Poseidone (seppure contro la propria volontà: Medusa pare fosse stata violentata) in uno dei templi a lei dedicati.
There is a wolf in the bedroom / Blood on my clothes
Madonna Medusa
There is a wound that won’t close / I am howling at the moon tonight / There is a dream that is slipping / Through my fingers
L’ottava traccia – strumentale – è dedicata all’amico fraterno Andy Ioan, scomparso recentemente. “Mon Ami de la Planète Bleue” (Il mio amico del Pianeta Blu, cioè la Terra) ci riporta all’acqua, l’elemento dal quale ebbe origine la vita.
Qui un ciclo si chiude. In the Heart of an Endless Winter termina con la fine di un sogno. Eppure, nella sua cifra poetica, dove è sempre presente la bianca morte, intravvediamo ora un colore diverso, il blu, che rimanda a un Cielo, questa volta, forse meno straniero.
Setlist:
- White Sister
- Ice, Eden
- Ouranos
- Helichrysum
- Ascent of the Blessed
- Neurons
- Madonna Medusa
- Mon Ami de la Planète Bleue
NOTE:
[1] Paul Celan, pseudonimo di Paul Antschen, fu uno scrittore rumeno naturalizzato francese. Di origine ebraica e lingua tedesca, Celan (1920-1970) scampò all’Olocausto e morì suicida, a causa dei gravi disturbi mentali sviluppati dopo la deportazione. Nella poesia di Celan sono presenti riferimenti all’alchimia e alla cabala come metafore di trasformazione.
[2] M. Pezzella, “Celan e l’alchimia” reperibile qui: Celan e l’alchimia • Le parole e le cose
[3] “Arcano” viene dal latino “arcanus”, che significa “nascosto”, “occulto”, “segreto”. “Arcangelo” dal greco antico ἀρχάγγελος (pron. Archanghelos) che significa “capo degli angeli”. Il verbo ἀρχειν (pron. Archein) significa “essere il primo”, “principiare”, “comandare”. Da ἀρχή (pron. Archè), che significa “origine”, “principio”.
[4] Cielo. Il solo termine che, nel ritornello, mantiene pronuncia e grafia originali: Ουρανέ (pron. Ouranè).