Di LDV formerly known as La Dolce Vita abbiamo abbondantemente trattato su queste pagine. E’ però dovere di noi “cronisti” documentare progressi e passi falsi, evoluzioni e mutamenti, fornire un corredo narrativo che esuli dalla semplice recensione o testimonianza d’eventi.
Primo: non li vedevo “live (“on stage” fa più… si può scrivere?… “figo”) da tempo per me quasi immemore (2020?).
Secondo: la formazione è mutata, essendo rientrato l’esperto Sergio Glen Celeghin (per noi “anziani wavers friulani” una faccenda di cuore, Cleverness e Detonazione sono nomi che evocano sacralità): il suono che trasmette calore, non il semplice ritmo. Al basso si segnala l’esordio assoluto di Luca (l’ennesimo) Rossi. La bella favola del fan che entra a far parte del gruppo che segue da anni con passione. Sostituisce Roberto Pacagnan, che, come abbiamo già avuto modo di storicizzare, fa ora parte dei Der Himmel. Affaire assai arduo per il subentrante, che ha mostrato sufficiente padronanza, limitandosi a svolgere il suo compito evitando forzature senza palesare evidente emozione. Conscio di poter contare su compagni di corso che l’hanno agevolato, senza pretendere nulla di più. Il tempo poi dovrà confermare la bontà della scelta, tenendo conto che il fattore umano, ne LDV, conta non poco.
Non vorrei prolungarmi nell’esposizione di quanto succedutosi nel corso della serata, ma sono necessari dei distinguo, anche in forza di quanto suesposto. Un concerto non vale l’altro, sennò ci troveremmo a relazionare di classica o di lirica; arricchiscono la narrazione le imperfezioni, le variazioni, le interpretazioni di un repertorio che si è sviluppato ed è cresciuto nel corso di lustri. Una scaletta che procede veloce, magari meno compatta che in altre occasioni, piccole pause e piccole esitazioni, qualche messa a punto all’ultimo istante. Rimane centrale la foga del cantante/chitarrista, che anche nello spazio angusto cerca il contatto con chi gli sta di fronte, bilanciata dalla misura che è dote di Mazzon. “Sacrifice” è la novità (da molti acquisita, non da tutti però), nuovo singolo (e video come è uso oggidì) che traccia una linea di continuità con uno dei pezzi più incisivi quale è “Mistery Boy”, la canzone manifesto de LDV, la scaletta affianca la proposta brani tratti da “1979” (ristampato con rinnovata veste grafica che immortala in copertina un giovane Sebastianutti, propongo un “contest”, come si faceva chiamare all’epoca? A chi risponderà potremmo donare una copia del dischetto, se il gruppo mi asseconderà) che fornisce ancora l’ossatura dell’esibizione ad altri di più antica datazione, in un gioco di rimandi tra presente e passato che evita l’imbarazzo dell’insensata comparazione con gli insiemi più giovani che si sono impossessati dell’agone del post-punk e di conseguenza dell’interesse di un pubblico comunque difficilmente quantificabile. Canzoni, appunto, che possono piacere anche a chi in questo luogo ed in questo preciso momento si trova per caso, indaffarato in altre faccende, merito di un appeal melodico ricercato, non solo spigoli e fratture, che avvalora l’importanza della composizione. Anche l’uso delle tastiere è ora finalizzato alla costruzione del suono: se in precedenti esibizioni parevano forzate ovvero abbozzate (“Elenoir” mi lasciò perplesso, ora mi convince), trovano ora una loro collocazione precisa, fungendo da elemento non di sola coloritura bensì d’amalgama, d’ispessimento. Anche perché, va segnalato, è mancato a Sebastianutti il sostegno di quei cori che sono parte caratteristica di più d’un episodio, sopra tutto dal vivo.
Dovevo risolvere questo mio, era intenzione almeno, in poche righe, ma mi sono lasciato trascinare dal flusso aggrovigliato dei pensieri. Del sentimento che ha ricacciato indietro la claudicante ragione. Ma deve andare così. Non ci si ammanta di grigio per nulla.
Scaletta
Too many voices
Question Time
Confessions
Mistery Boy
Time stands still
Wisteria
Artificial
Lost
Shadows
Ambition
Your eyes
Elenoir
Sacrifice
Encores
Brighter at night
Liar
Massimo Sebastianutti: chitarre e canto
Maurizio Mazzon: chitarre e tastiere
Sergio Glen Celeghin: batteria
Luca Rossi: basso
DJ set: EleNoir (alla quale è dedicata la canzone omonima, ma questo l’avevate capito).
In chiusura, non posso non evidenziare una delle connotazioni fondanti di questo progetto, e di Massimo Sebastianutti (senza nulla togliere agli altri componenti) che ne è l’autentico “cuore”: l’onestà, una dote rarissima che egli coltiva con uno zelo encomiabile. Ed è ciò che conta, sennò ridurremmo tutto ad un pugno di canzoni, ad una sequenza di esse fungenti solo a trascorrere un sabato sera diverso. Alternativo no, per favore, evitiamo d’usarlo.
Corredo fotografico (b/n): Michele “Mick Gaze” Rossi