Scavare e vivisezionare nei minimi dettagli la vita di una persona può sembrare un esercizio morboso, quasi una perversione necrofila. È questo il pensiero che ho avuto inizialmente quando mi sono approcciato a Vita (e morte) di un gentiluomo. Infanzia, gioventù, e ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft, volume pubblicato da poco dalla casa editrice La Torre contenente il diario di morte di Lovecraft, curato dall’esperto Pietro Guarriello e corredato da un ricco apparato fotografico. Ma non bisogna dimenticare come lo scrittore americano sia stata una figura leggendaria, un personaggio diventato, con gli anni, sempre più oggetto di interesse presso una vasta cerchia di ammiratori e seguaci. E allora ben venga anche questo “ficcanasare pruriginoso”, come scrive Gianfranco De Turris nell’introduzione, se tutto questo serve a far luce ulteriormente sulla sua vita. In questo volume vengono indagate in particolare la sua giovinezza e, come si diceva, l’ultima fase della sua esistenza. I primi anni della sua esistenza furono probabilmente anche quelli più felici (tanto vale che la sua frase “l’età adulta è l’inferno” è diventata iconica) ma certo non furono privi di eventi negativi. La morte del padre (a causa delle conseguenze della sifilide) pesò come un macigno su tutta la sua famiglia e, in particolare, condizionò la madre Sarah Susan Phillips Lovecraft, una persona molto fragile. Purtroppo quest’ultima, come possiamo leggere nella testimonianza di un ex’compagna di classe e vicina di casa di Lovecraft (Clara L. Hess) continuava a dire a tutti che suo figlio era talmente orribile da spaventare i suoi coetanei. La Hess dice anche che, dopo una visita a Sarah Susan Phillips Lovecraft, non vedeva l’ora di uscire da casa sua in quanto l’aria era viziata e il luogo si prestava a scrivere racconti dell’orrore. Alla fine verrebbe quasi da dire che, per godere della sublime arte lovecraftiana, abbiamo avuto bisogno di una madre troppo oppressiva e invadente. I testi di Kenneth W. Faig qui pubblicati (Howard Phillips Lovecraft. I primi anni 1890-1914 è un’autentica rarità) costituiscono le fonti principali su cui si è basato S.T. Joshi per la sua monumentale biografia “Io sono Providence” e sono di importanza fondamentale per contestualizzare il suo retroterra culturale. Per quanto concerne gli altri testi sicuramente commovente è Lovecraft, il mio amico d’infanzia di Harold W. Munro mentre Morte di un gentiluomo. Gli ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft di R. Alain Everts, pur nella sua eccessiva ripetitività stilistica, ci offre invece un quadro desolante degli ultimi giorni di HPL. Ma, per capire realmente quanto fosse amato e seguito Lovecraft al suo tempo, è sufficiente leggere qui i commenti che i lettori e gli scrittori hanno scritto sulla rivista Weird Tales dopo la notizia della sua morte. Non dimentichiamo che il suo successo è stato postumo (non ebbe mai in vita sua un’edizione in volume, se non rari casi sporadici, dei suoi racconti). Ma il pubblico aveva ben compreso (anche se forse non pienamente) la sua grandezza. Oggi invece Lovecraft è considerato un grande e può essere messo alla pari con Edgar Allan Poe. Vita (e morte) di un gentiluomo. Infanzia, gioventù, e ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft diventa fin da ora un testo di culto da custodire gelosamente.

Vita (e morte) di un gentiluomo. Infanzia, gioventù, e ultimi giorni di Howard Phillips Lovecraft – a cura di Pietro Guarriello – prefazione di Gianfranco De Turris – Società editrice La Torre 376 pagine- 2022