Percepisco una sorta di affinità fra quanto operato dai Messa e da Bosco Sacro. Una forma, consentitemelo, di approccio sacrale alla materia che si concretizza in una profondità d’espressione che chiama in causa i nostri sentimenti, alla quale entrambi i complessi aderiscono naturalmente. La musica non assume mai contorni netti, intessendo un ordito fitto, a tratti apparentemente delicato, in realtà dotato di una forza inusata, ed assai flessibile.
Musicisti di grande esperienza, i quattro hanno maturato un curriculum di assoluto rispetto, militando in insiemi dalla fama giustamente consolidata: Paolo Monti (Star Pillow, Daimon), Giulia Parin Zecchini (Julinko), Luca Scotti e Francesco Vara (entrambi Tristan Da Cunha) fanno confluire i loro trascorsi in un progetto che li vede muoversi con grande attenzione e rispetto reciproco. “Les arbres rampantes” e “Fountains of wealth” (fate attenzione ai titoli, non sono casuali) richiedono anche da parte dell’ascoltatore impegno e condivisione: tra esso ed il creatore si instaura un rapporto fortissimo, amniotico. Ecco la componente sacrale (l’invocazione sommessa di “Ice was pure” ove gli elementi doom si riscontrano nell’incedere solenne della sezione ritmica, ed una “Be dust” che sfiora gli otto minuti e ci trasporta in una dimensione ultraterrena) alla quale facevo riferimento in apertura, vi abbandonerete alla contemplazione di paesaggi di una bellezza arcana, che richiameranno quelli maestosi narrati dai Dead Can Dance, anche se ovviamente Gem non ricerca paragoni così impegnativi. Non ultima, va segnalata l’attenta produzione di Lorenzo Stecconi (Amenra, Zu, Ufomammut), aderente allo spirito che informa l’opera, alla quale va addebitato un unico “difetto”: troppo breve. Ma ci daranno ulteriori cenni della loro bravura, ne sono certo.