Chi è già abituato alle mie incursioni nel mondo musicale sa che il mio approccio è interpretativo, il che significa scegliere, di volta in volta, una cornice di senso per quello che sto ascoltando, perché ogni lavoro artistico sul quale decido di scrivere è un viaggio che mi porta a conoscere o approfondire aspetti dell’esistenza e di me stessa.

E, dunque, seguitemi in una visione di ‘Last Stop to Nowhere’, l’album di Reflection Black – il progetto darkwave di Elis Alex, già attivo nella scena black metal greca con Ravencult e Nigredo – uscito via Swiss Dark Nights il 3 Marzo 2023, nel quale vi racconterò una storia che parla di poesia, letteratura, mito, scienza e, soprattutto, magia.

Se è vero che lo Specchio Nero è uno strumento che serve per entrare in contatto con l’Ombra e ottenere visioni sulla realtà, non quella deformata dai sensi e dalla mente, ma quella trascendente, ‘Last Stop to Nowhere’ è uno specchio magico nel quale possiamo cogliere i riflessi di sonorità goth rock e post-punk, ma anche metal e synthpop, che si manifestano in riff, suggestioni electro, assoli di chitarra e sax.

I testi, a loro volta, sono pervasi da un oscuro misticismo, accompagnato da una voce che, al contrario, si apre a un’inaspettata leggerezza.

La prima traccia dell’album, ‘Post Sleep Trauma’, parla di un risveglio che assomiglia a quello che Aleister Crowley nel suo ‘Magick’ chiama ‘Dhyana‘ e descrive come: “la più vivida e catastrofica delle esperienze.

Cold sweat as I wake up

It’s living life that is arming my hand

Asleep dreams and awake hopes

I’m killing them all

Let me fall down to sleep

Morbidly deep, no glimpse of dreams

Let me fall down to sleep

Woke life is not made for me

Post sleep trauma is all woke life got to give me

Quando i sensi e la mente sono disinnescati non valgono più né illusioni, né speranze e il risveglio, con il suo sudore freddo, è un trauma perché vediamo la finzione, il degrado esistenziale nel quale siamo immersi. Perciò la prima reazione, sottolineata dal basso e dall’assolo di sax che emergono dall’ossessività del synth, è quella di ritornare a dormire: la vita da svegli è insostenibile. Ma è qui, proprio in questo punto che comincia il processo di dissoluzione dell’Ego, è qui che inizia il nostro viaggio verso il Nulla.

In ‘No Stars in the Sky’ drum machine e basso segnano il passo di un evento ineluttabile: il buio inghiotte tutto. Quello che chiamiamo realtà è così fragile, precario. Come nell’Universo l’effetto dell’aumento dell’entropia porta alla fine dello scambio di calore fra i corpi, tanto che si parla di “morte fredda dell’Universo”, così accade a noi quando l’oscurità prende il sopravvento. E la voce, in echi siderali, si mantiene lineare: stiamo viaggiando alla velocità della luce verso la dissoluzione. 

Space-time is frozen still

Reaching zero entropy

Existence now will cease to be

Fragile construct of reality
Dark cracks from which light flee
As hearts shatter from within
Stars are nowhere to be seen

(…)

Rising from the void
Black ether that penetrates all shapes and forms
And the world is dreaming
Dreaming of the night of no light
The night of no light

Il Nulla, il Vuoto, il Buio verso cui tendiamo è una tenebra che coincide con un superamento del risveglio stesso e per illuminare le liriche precedenti e successive devo evocare di nuovo Crowley:

“Nell’Atmadarshana[1] è manifesto il Tutto come l’Uno; è l’Universo liberato dalle sue condizioni. Non vengono distrutte soltanto tutte le forme e tutte le idee, ma anche quelle concezioni che sono implicite nelle nostre idee di tali idee. (…) Vi è tuttavia uno stato molto più alto, chiamato Shivadarshana, (…) la distruzione dello stato precedente, il suo annientamento; e per comprendere tale annientamento è necessario immaginare il ‘Nulla’ (l’unico nome possibile) non già come negativo, bensì come positivo. (…) Ma la mente rifiuta di trovare una similitudine per l’Atmadarshana. È del tutto insufficiente dire che il precipitoso radunarsi di tutte le schiere celesti annienterebbe in modo analogo la luce del sole. Se però (…) vogliamo formare un’ulteriore immagine del Shivadarshana, dobbiamo immaginare di riconoscere all’improvviso che quel fulgore universale è solo tenebra; non già una luce estremamente fioca paragonata a un’altra luce, bensì la tenebra stessa.”[2]

Eppure, questa non è la sola linea espressiva di ‘Last Stop to Nowhere’. Parallelamente, infatti, possiamo interpretare il viaggio verso il Nulla come un superamento dell’Ego anche in termini di ritorno all’Uno, ovvero all’Amore supremo.

Se nelle prime due liriche il cuore è spezzato e congelato, in ‘Under Your Shine’ – calato il buio – esso ritorna a battere quando una fiamma risplende, quando  una “stella è in vista”[3]:

And at the night time of my heart

That’s when you come and shine

Brighter than a thousand suns

My moonlight shine on me tonight

Enchanted by your flame

Pieces apart

Broken remains of a heart

Enchanted by your flame

Feelings are blooming once more

Under your shine I’m reborn

Superato lo shock iniziale e immersi nella tenebra cosmica, desideriamo bruciare e rinascere. Finalmente, siamo coscienti del fatto che la via per la liberazione è un viaggio verso il Nulla e che dobbiamo staccarci dalle cose terrene.

Salvation’s not an option

And nothing of the earthly being to save

Eradicate existence from all planes in victory

Samsara’s wheel broken apart, burnt to the ground

Free from life and death of the heart

And the ship’s setting sails

Giving up on land

And the waves

Drowning us to the abyss

Last stop to nowhere

La nave è salpata, la mente si arrende e scendiamo nelle profondità dell’abisso, dentro noi stessi. Questa è la quarta traccia, quella che dà il titolo a tutto il viaggio. ‘Last stop to Nowhere’: l’ultima fermata verso il Nulla.

Ma è al quinto stadio di una via crucis più umana del più divino sogno sull’umanità, è in ‘Call my name’ – un piccolo diamante goth rock – che ho trovato la chiave per aprire la mia personale visione sull’intero album.

Hands held in grace

In a tight deathly embrace

Lovers in eternity

Rising from the grave, remains buried

Enchanted by sweet death love magick

A mortal heart will beat again

A taste of love forbidden

But morning light will rest my eyes

And purge this unearthly romance 

La chiave è una parola che crea un mondo: magick.

Dovete sapere che la grafia, in questo caso, è importante tanto quanto il suono e le immagini evocate dalle liriche.

D’altro canto, le parole magiche, gli incantesimi, non sono forse delle filastrocche che arrivano al cuore e cambiano il corso degli eventi?

“Magick (anziché Magic, come è scritto correntemente), è un modo, come tanti altri usati da Crowley, per indicare il tipo di magia da lui praticata. K è, in parecchi alfabeti, l’undicesima lettera, e undici è il numero principale della magia, poiché è attribuito al Qliphoth, il mondo sotterraneo delle forze caotiche e demoniache che è necessario vincere prima di poter praticare la magia.”[4] 

‘Let the Spirit’, sesta traccia dell’album, è ispirata al mito di Dedalo e Icaro, ovvero alla storia di un volo impossibile, se lo vediamo in ottica umana. Ben diversa è la prospettiva di colui che tende al Nulla, che desidera elevarsi oltre le barriere del corpo e della mente per raggiungere la propria Stella.

And if the extension of your heart

Gets too high close to the sun

That is what it’s made for

So let it go, let it burn

Let the spirit fly

With the earth it has no tie

Let the spirit fly

High to the sky

Let the spirit fly

Icaro vola verso il sole, le ali si sciolgono e lui precipita negli abissi marini. Due vertici, due triangoli isosceli che si incontrano alla base e che simboleggiano il Fuoco e l’Acqua: ‘Ciò che è in basso è uguale a ciò che è in alto, e ciò che è in alto è uguale a ciò che è in basso. Per compiere le meraviglie dell’unica cosa.

Questo è uno dei principi cardine della filosofia ermetica, contenuto nella Tabula Smaragdina (Tavola di Smeraldo).

No more heart tears, leaving this world behind

No more heart tears, no more shackles around the mind

No more heart tears, wrap all your troubles in dreams

No more heart tears, slash your wrist and the spirit is pleased

La canzone si chiude con un crescendo e un verso apparentemente inquietante, che rimanda al sacrificio rituale di se stessi per uccidere l’Ego e liberare lo spirito dai vincoli terreni.

In questa liturgia musicale nessuna immagine è data a caso. Reflection Black è uno specchio nero e l’ossidiana, che è un vetro di origine vulcanica, nell’antichità era molto utilizzata per fabbricare armi da taglio. Oggi i migliori bisturi sono fatti di ossidiana e nell’America precolombiana il coltello di ossidiana veniva impiegato durante i sacrifici umani.

Se, come dice Omero nell’Iliade, Sonno e Morte sono gemelli, allora diventa chiaro anche il settimo brano, ‘Yet Unseen Colours’, nel quale l’esperienza del trascendente, molto simile a un viaggio psichedelico, rivela i segreti della luce, la musica raggiunge una certa solennità e la voce è cangiante come un arcobaleno.

Electric signals passing through the brain

Particles the neurons stimulate

Aroused cortex and pupils wide

Glimpse a way out of reality

Yet unseen colours

La mente, ora, è un prisma. I sensi sono concentrati in un unico punto e la realtà si mostra per com’è. Questa, che giunge dalla tenebra, è l’Illuminazione, l’apertura del terzo occhio.

Senses coming to a peak

Growing to an unreachable zenith

As new planes of existence start to reveal

So why believe

Ma, allora, perché crediamo a un mondo che non esiste? Perché crediamo a ciò che gli occhi vedono e a parole che accecano il cervello?

Reality fades into the most colorful shades

Spectrum of light is enhanced

Why believe in what the eyes can see

Quando la realtà svanisce nelle ombre vediamo i colori per come sono. Perché crediamo a ciò che vedono i nostri occhi?

Questa domanda è il centro dell’ultima canzone di questa Stella a Otto Punte[5] che è ‘Last Stop to Nowhere’ e si intitola ‘Why Believe’.

Che ciascuno di noi guardi nel proprio Specchio Nero per trovare la risposta.

 

TRACKLIST

  1. Post Sleep Trauma
  2. No Stars In The Sky
  3. Under Your Shine
  4. Last Stop To Nowhere
  5. Call My Name
  6. Let The Spirit
  7. Yet Unseen Colours
  8. Why Believe

 

NOTE

[1]Lo stato successivo al Dhyana. N.d.R.

[2]Dyhana, Atmadarshana e Shivadarshana sono tre stati meditativi descritti da Crowley in ‘Magick’, Parte I, LIBRO QUATTRO: MISTICISMO.

[3]A. Crowley, Magick, Appendice II – Una stella in vista. Si trovano qui i famosi versi: “(…) Taluni, ebbri, ancor del loro sogno vagano, / E temono la morte, equivocando / Tra se stessi e le ombre che fatalmente incarnano, / Una stella potrà ridestarli a se stessi; e trasformarli in stelle serene che scintillano / Sopra il lago tranquillo della vita. Non avrà mai una fine ciò che ebbe inizio / Tutte le cose durano che sono. / Fai ciò che vuoi, perché tutti gli uomini / perché tutte le donne sono stelle / Pan non è morto; Pan vive tuttora! / Abbattete le sbarre! / All’uomo io vengo, facendo il mio numero / Quello d’un uomo, Leone di Luce / Io sono la Bestia la cui Legge è Amore / Sotto il dominio della volontà… / Contempla entro di te, non già nei cieli: / Ecco una stella in vista!

[4]Dall’introduzione dei curatori a ‘Magick’ di A. Crowley: John Symonds e Kenneth Grant.

[5]La Stella a Otto Punte è il simbolo della dea Ishtar. Essa rappresenta l’Eterno Femminino. È chiamata anche ‘Stella del Mattino’, ‘Stella della Sera’, Lucifero, Venere, Iside, Rubʿal-Hizb, ‘Stella di Lakshmi’, Madre dell’Universo.