Giunge a noi come l’ultima folata di vento freddo, fuggita tra le porte dell’inverno morente, che stanno richiudendosi un altro anno ancora, Lullaby Rose. Ballata che porta le stimmate del classico nomotiano, contemplandovi meravigliosamente la tormentata estetica. Vicende di vite ormai compromesse, osservate attraverso la fessura che nasconde il testimone, incapace d’agire, d’intervenire per cambiare la sentenza già decretata del Fato. Condanna. Si traggono ora in disparte, i Nomotion, ma noi attendiamo fiduciosi, un’altra piccola storia ancora, un altro frammento di unghia conficcato nella carne.  

Nel video, assai curato come è nell’etica del lavoro di MOLD Records, Jonny Bergman pare abbandonarsi al ricordo, quasi contemplando un bilancio esistenziale, tra il giorno e la notte dell’anima. Un cammino solingo, accompagnato dal vigore degli strumenti suonati dai compagni di sempre. Non si vedono, ma la loro presenza è tangibile, come spettri che agitano l’anima, richiamandola a sé, rallentando il lento scivolamento verso l’oblio, un futuro lattiginoso, indeterminato, al quale Bergman, avviandosi verso le acque turbinose del mare che pare attenderlo, si consegna. Senza mai volgersi indietro, il Passato ormai è stato scritto.