Si colloca nel segno del più ferale black metal l’esordio dei Thysia, complesso sotto le cui insegne militano esponenti di spicco dell’underground veneto (sottolineatura necessaria, essendo questa la provenienza dei suoi quattro componenti). Ricondurre la loro proposta ad una unica matrice ne fornirebbe una analisi parziale: il suono dei Thysia assolve ad un concetto irrinunziabile, il rispetto dei codici senza asservirsi ad essi, una libertà espressiva che permette loro di inglobare elementi diversi, perfettamente amalgamati da una produzione eccellente che mette in risalto ogni singolo contributo. La ferocia esecutiva esibita con disinvoltura si somma ad una perizia indiscutibile attribuendo all’opera intiera un autentico valore aggiunto, esplicando non un’adesione di facciata, bensì una totale immersione in un’atmosfera torbida, malsana, coscientemente “antica”, ancorata alle glorie del genere senza per questo “sacrificare” (il termine “thysia” rimanda ad una tipologia di sacrificio rituale operata nell’antica Grecia) il risultato finale. Sia nei frangenti più veloci che nelle porzioni rallentate il complesso dispiega tutta la padronanza tecnica della quale dispone esprimendo un potenziale impressionante, l’annichilente “Spiritual Desert” ne è eccellente esempio.
Non è morto ciò che può attendere in eterno.
Nefasto (Giorgio Trombino)
Mistyr (Rocco Taoldo)
Nihil (Marco Tosin)
Fenrir (Marijan Dujman)