Gli Ist Ist si presentano, al momento, come i più autentici e fedeli fra gli eredi dei Joy Division, dei quali hanno interiorizzato il sound in tutti i suoi aspetti: saranno forse le origini in comune che – vogliamo crederlo – ne hanno condizionato sensibilità e visione della vita, fatto sta che la maggior parte delle inconfondibili caratteristiche joydivisioniane si ritrovano nella musica degli Ist Ist, inclusa una patina ‘vintage’ che, se non fossimo appassionati adoratori degli originali, in qualche punto potrebbe quasi trarre in inganno. L’album Protagonists, uscito da poco, pare ricalcare l’evoluzione del postpunk perfino nella successione delle tracce che, da una partenza, appunto, alla Joy Division, sembrano poi muoversi verso la rinascita incarnata dai New Order fino alla versione più moderna/artificiale degli Editors, come fosse, per così dire, un ripasso di storia. Detto questo, dobbiamo però anche aggiungere che il disco non è affatto male e si ascolta volentieri. “Stamp You Out” offre un basso strepitoso che interpreta la tensione che percorre l’intero brano: i suoni ruvidi, la ritmica rabbiosa e la voce dalle tonalità aspre ci riportano indietro di un tot di anni ma, simultaneamente, trasmettono una carica ‘profumata’ di punk che da tempo non si sentiva. Subito dopo, “Something Has To Give”, uno dei pezzi più efficaci, riprende la precedente energia che qui fa da contorno alla prestazione vocale assolutamente carismatica del frontman Adam Houghton, mentre “Nothing More Nothing Less”, accanto alle linee di basso sempre robuste, introduce una parte elettronica delicata e sognante che qua e là risulta tuttavia un filo melensa e “All Downhill”, come accennato, inevitabilmente fa pensare agli Editors; la bella “Mary In The Black And White Room”, oltre a una melodia assai riuscita, propone impeccabili sonorità ‘sintetiche’ in perfetta sintonia con il basso sempre decisamente all’altezza. Occorre citare anche “Emily”, che la band aveva in passato sperimentato dal vivo, dove il basso tipicamente ’80 ci fa proprio palpitare il cuore e Houghton si fa onore ancora una volta mentre infine “Trapdoors” conclude di nuovo in stile Editors, con suggestive note di synth e canto dai toni introspettivi, un album che può regalare discrete soddisfazioni.