Grandissimi i The 69 Eyes, che sono a quota tredici e ancora una volta non sbagliano il tiro. Death Of Darkness, anticipato dall’Ep Drive, è un disco riuscito, godibilissimo, da gustare tutto di un fiato, tanto da indurci a sperare che il tour del gruppo, attualmente in corso, includa alla fine anche le nostre parti. Non staremo ormai a descrivere la ricetta di Jirky & Co., già vista in altre occasioni: i vampiri di Helsinki usano ingredienti schietti, cui si aggiungono passione, esperienza e divertimento vero; il risultato è il loro goth rock, frizzante, piacevole e decisamente catchy, ma dai suoni solidi e, soprattutto, valorizzato dal carisma inalterabile del frontman. Death Of Darkness contiene dieci tracce, fra le quali diverse valide, che ci faranno, come sempre, saltare e ballare. Vediamo la bellissima titletrack, che apre l’album: un tocco decadente all’esordio, una chitarra dall’impeto rock, il canto magnetico di Jirky che si concede anche qualche passaggio di ‘gola’ e un’atmosfera pericolosamente seducente. Con il secondo brano, “Drive”, già visto nell’Ep precedente, parte lo slancio rock che i The 69 Eyes sanno ‘cavalcare’ così bene, mentre poi “Gotta Rock”, la cover – onestamente migliorativa – di un pezzo anni ’80 firmato dalla band finlandese Boycott, che non ha conosciuto la stessa fortuna dei nostri, conferisce alle sonorità tipicamente energiche un elemento a colori dark; “This Murder Takes Two”, quindi, che vede il contributo della tatuatrice messicana Kat Von D, ‘immette’ un po’ di spirito americaneggiante rigorosamente gotico, in cui molti hanno voluto riconoscere l’ispirazione di Johnny Cash, forse in seguito alla notizia, circolata su web, che il brano sarebbe nato da una collaborazione non andata a buon fine con il figlio di quest’ultimo, John Carter Cash. Si procede con “California”, anch’essa già presente nell’Ep, come pure la successiva “Call Me Snake”: entrambe all’insegna del goth’n roll più canonico; “Dying In The Night” rappresenta invece una pausa in salsa ‘sentimentale’ nella sequela energica di tracce rock, ove, tuttavia, il nostro Jirky, ‘gigioneggia’ un po’. Infine, bypassate l’appassionata “Something Real”, in linea con lo stile abituale dei nostri e la meno incisiva “Sundown”, la suggestiva ballata melodica “Outlaws”, che, fra piano, chitarra e voce suadente, trabocca di autentico pathos, conclude con la consueta classe un album assolutamente soddisfacente.