La preservazione del concetto stesso di gothic rock passa necessariamente per opere come Die by my hand. Che non spostano i confini del noto oltre le cognizioni già acquisite, ma che mostrano di possedere un loro senso che ne giustifica l’esistenza. Otto tracce introdotte dalla classicissima “The horned one stabs” che definisce subito le coordinate stilistiche alle quali Die Oberherren fanno riferimento, meno di quaranta minuti di musica, quanto basta a rendere questo disco assai attraente, anche se a volte mi chiedo a quanti queste sonorità effettivamente suscitano ancora interesse. Da buoni veterani (e da buoni scandinavi, ricordate The Shadow Dancers di “Equilibrio”?) Joakim Knutsson e conturbenali (è noto solo il nome del fondatore, degli altri nulla si conosce se non che sono membri o variamente collegati a The Coffinshakers, Gehennah e Ghost, sì proprio loro) mettono a punto questa serie di canzoni ponendo grande attenzione alla resa finale, non preoccupandosi di celare le fonti di ispirazione ed evitando il riferimento diretto che collega, ad esempio, i Funhouse ad una fonte ben precisa. E non mancano gli episodi degni di menzione, come “By the end of the shore” (il comparto chitarristico è sempre in bell’evidenza, come si rileverà nel corso dell’intiero album), la cavalcata sisteriana “The blood or the wine”, davvero centrata e dotata di un appeal vizioso (Knutsson ha fatto riferimento anche a Billy Idol, eccolo qui!) e la notturna “Chants of darkness and smoke”. Dinanzi a questi episodi non resta che dichiarare resa, infine anche il più scettico dovrà convincersi, ed il seguito lo attesta vieppiù (“Black Nightshade”). Evitate le cadute di tensione, gli si perdona qualche licenza (lo rimarco, i Ghost sono coinvolti) e si giunge all’epilogo titolato “Something wicked” (la paternità de The Sisters of Mercy mai viene messa in discussione, chiaro), ancora curiosi e ben disposti ad un altro ascolto, il che dati i tempi grami è confortante. 

Che poi siano stati chiamati direttamente in causa The Lords of the New Church e che io, proprio in base a queste credenziali, mi sia approcciato a Die by my hand facendo leva su speranze in parte disattese, non lo ritengo nocivo, tutt’altro, il disco mi è piaciuto, di TLotNC è presente qualche spora (epoca “Is nothing…” ma anche “Method…”, si ascolti la citata “The blood…”), è assente però quella sensazione sottopelle di pericolo che Bators/James/Tregunna/Turner sapevano ben evocare, almeno all’epoca del blasonato esordio. Ma si sa, quando si toccano le corde del sentimento, il rischio disillusione (anche se parziale) è da mettere in conto.  

Composizione ed esecuzione meritano l’ottimo, produzione impeccabile (SVART Records è una garanzia, “high quality gothic rock”).