Grian Chatten non è soltanto il frontman di una delle band più significative degli ultimi anni: da qualche tempo è infatti uscito il primo lavoro da solista, Chaos For The Fly, e ci mostra ancora un lato della sua personalità, un lato che ci piace tanto, esattamente come gli altri. Stando a quanto si è letto in web, i brani di Chaos For The Fly sarebbero stati concepiti nel corso di passeggiate notturne su una spiaggia poco distante da Dublino, fra fantasie e riflessioni totalmente private: questo spiega le notevoli differenze fra l’album e le produzioni dei Fontaines D.C. in fatto di stile, anche se la voce di Grian – una voce che preferisce stavolta tonalità più confidenziali e avvolgenti rispetto alle sfumature grezze e spesso rabbiose presenti nei dischi dei Fontaines D.C. – e le atmosfere malinconiche esprimono un affascinante marchio di fabbrica. Possiamo dire che in Chaos For The Fly il suo autore abbia privato la propria ispirazione di molta della sua rabbia, normalmente sublimata nell’impeto postpunk così tipico per I Fontaines D.C., colmandola invece di memorie, di immagini spesso liriche e di colori pacati a risvolti folk che suscitano emozioni intense ma decisamente di un genere insolito e diverso. Chaos For The Fly è stato dunque una piacevole sorpresa per noi fan di un gruppo che, in pochissimo tempo, ha saputo conquistare ben più che un posto al sole e non si poteva non parlarne. La prima traccia, la bellissima “The Score”, esordisce in modo inatteso con delicate note di chitarra acustica, scandite da una ritmica lineare e arricchite sobriamente da archi ed elettronica: l’ispiratore di questa formula, come è stato rilevato, è Nick Drake, cui i Fontaines D.C. hanno del resto dedicato un personalissimo omaggio nel tributo pubblicato di recente dalla Chrysalis. La seguente “Last Time Every Time Forever” è un’originale ballad dal raffinato arrangiamento di violini, cui il canto fra l’indolente e l’audace conferisce un tratto di freschezza giovanile, ribadito anche nell’intervento vocale della compagna di Grian Georgie Jesson, ma è “Fairlies”, uscita come singolo, il gioiello dell’album: evocativi violini irlandesi, chitarra acustica suonata con impeto e una melodia folk che si imprime all’istante e che Grian snocciola con noncuranza, nonostante il semplice lirismo del testo… ‘The boat is drifting in, the weight is cast/How can life go so slowly/And death come so fast?’. Stupefacente appare poi “Bob’s Casino”, un inedito brano dai suoni retrò che sembra far rivivere i fasti dei ’60, mentre “All Of The People”, con il piano iniziale, impone un mood malinconico e introspettivo che perdura anche nella successiva “East Coast Bed”, meno mesta ma più accattivante e onirica. Delle restanti tracce segnalo soprattutto la conclusiva “Season For Pain”, forse la più cupa del lotto, anche se nella seconda metà viene introdotto un bizzarro cambio di ‘passo’ che conduce a una chiusa davvero particolare, perfetta per un lavoro così bello e coinvolgente.
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