Dura da oltre trent’anni il progetto di Oswald Henke, che pubblica quest’anno il nuovo album X. Storici rappresentanti del lato più oscuro della scena germanica, i Goethes Erben si attestano oggi, con questo che, a quanto pare, sarà l’ultimo lavoro con il moniker, su uno stile elettronico cupo e minimale che, nel dipingere atmosfere talvolta desolate e introspettive, talvolta definite da ritmiche implacabili, lascia spazio a dolorose riflessioni – i testi sono in effetti emblematici – ove la speranza di certo non alberga. Solitudine e infelicità sono infatti le tematiche dominanti, che la voce di Henke, per lo più in forma parlata ma con il carisma che la contraddistingue da sempre, racconta con un’intensità che sa coinvolgere profondamente. “Bin ich Blind”, la prima traccia, esordisce con l’iconico verso ‘Die Zukunft heißt: Tod – egal was wir tun’, mentre, intorno, opprimenti suoni elettronici suggeriscono un’oscurità infinita, da cui discendono sensazioni di tensione e angoscia: in chiusura, un imponente crescendo sonoro regala qualche momento assolutamente epico. Subito dopo, “Traum vom Leben”, evoca tenebrose visioni ‘gotiche’ e “Wann”, uno dei brani più minimali e meditativi ma non privo di una solennità tutta particolare, è pervaso di una malinconia sconfinata e senza scampo. Bisogna quindi aspettare “Nagen” per ritrovare un contesto più impetuoso dal sapore ‘industriale’, in cui il ritmo diviene a tratti tribale e anche la seguente “Xenomelie”, drammatica nel suo descrivere un disturbo della personalità raro quanto terribile, ribadisce la stessa ispirazione con una ritmica scandita in modo ossessivo e uno spoken word aspro e tormentato, quasi richiamando i connazionali Einstürzende Neubauten; “Schmerz”, una delle tracce più sperimentali, incalza alternando passaggi classicamente rituali a sequenze forti e veementi, a rappresentare, appunto, una sofferenza incessante. Poi, “Bluten” introduce una inattesa deriva a tinte electro, forse l’unico episodio effettivamente ballabile dell’intero disco e, bypassato l’intermezzo vagamente ‘atmosferico’ di “Vorbei Vorbei”, troviamo “Ich bin Allein”, un efficace omaggio a un postpunk quasi accademico, con una chitarra intensa e una parte vocale, ancora una volta, davvero magnetica. Infine, “Zeitwert” conclude in modalità pacata, con lugubri note di piano e tonalità decisamente dolenti, un album pregevole, ennesimo punto di riferimento per gli amanti della scena oscura.
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