Guarda all’Europa in fiamme devastata dalla guerra in Ucraina questa volta Jérôme Reuter nel nuovo album di Rome intitolato significativamente Gates Of Europe. Il titolo mi ha personalmente ricordato il brano “Europa: The Gates Of Heaven” dei Death In June. E come Douglas P. fu il primo musicista a suonare in Croazia durante la guerra nei Balcani così Jérôme Reuter è stato il primo ad esibirsi in Ucraina dall’inizio del conflitto. Tra l’altro anche Douglas P. si è schierato a favore dell’Ucraina. Detto questo il rischio qui è quello di entrare in un terreno scivoloso in quanto Reuter in questo mostra di avere molto in simpatia il famigerato battaglione Azov. Al di là delle ideologie quello che conta alla fine è in ogni caso la musica e l’arte altrimenti, se mi fossi fermato a questioni meramente politiche, difficilmente avrei potuto apprezzare pienamente gli stessi Death In June, i Der Blutharsch e altri gruppi del genere (e potrei estendere il discorso anche a molti scrittori) anche se mi rendo conto che c’è chi non riesce a scindere.

Gates Of Europe inizia con un collage che ci fa ascoltare le voci dei telegionarli che annunciano lo scoppio della guerra il 24 febbraio 2022. La successiva “The Death Of Lifetime” ha un retrogusto new wave non sconosciuto a chi ben conosce la produzione di Rome. In “Yellow And Blue” ritorna il tipico piglio neofolk di Rome in un pezzo che evoca l’amore per la propria patria: un vero e proprio inno per questi tempi oscuri che stiamo vivendo. “How came Beauty against this Blackness” è una traccia intimista in cui si cita Ezra Pound e dove troviamo, nel finale, la voce del comandante del Reggimento Azov. “Eagles Of The Trident”, con il suo rullo di tamburi, mi ha ricordato i primissimi Death In June marziali, quelli di “Till The Leaving Flesh Is Burned” dal primo album The Guilty Have No Pride del 1983. “Whom The Gods Wish To Destroy” ritorna ad atmosfere pacate e folkeggianti con una struggente ballata. “Our Lady Of The Legion” è un altro grande brano neofolk che sembra uscito da Le Ceneri di Heliodoro, uno degli album più significativi di Rome. “The Ballad Of Mariupol” è poi uno dei momenti più sofferti con un Reuter che sembra emulare Leonard Cohen riuscendo a commuovere. La chiusura è affidata ad “Archives Of Silence”.

In definitiva con Gates Of Europe Rome ha fatto nuovamente centro. In realtà i suoi dischi non sono mai brutti in senso assoluto tuttavia il livello non è sempre eccelso. Qui invece ritroviamo un Jérôme Reuter ispirato e al suo meglio.