ibrido di Mara Marchesan, Mario Moi, Paolo Porrà, Alessandro Vicenzi
con incipit di Anna Luisa Santinelli
Anno del Signore 1365, strada sterrata nei pressi della città di Potenza.
La bava densa e schiumosa si era raggrumata ai lati del morso, nel punto in cui le briglie si agganciavano al metallo.
Il giovane francescano era stato categorico: la missiva doveva essere recapitata nel minor tempo possibile.
Conosceva il tragitto a memoria per averlo percorso, negli ultimi tempi, innumerevoli volte. Napoli era la destinazione finale.
Le ore notturne avrebbero regalato il meritato riposo a cavallo e cavaliere ma ORA, bisognava correre…
Anno del Signore 1365, nella città di Potenza.
La mattina non era ancora tarda quando Padre Nicolas giunse al monastero. Il suo passo era lento e controllato e ad ogni occasione volgeva indifferente lo sguardo alle spalle per controllare padre Severo; gli aveva permesso di seguirlo per tutta la mattina ma ora era necessario liberarsene. Doveva parlare con padre Fernando e gli argomenti della discussione non erano certo adatti a orecchie ostili come quelle di Severo.
Il frate guardiano, nonostante l’ora non propizia, bighellonava per le cucine del refettorio quando finalmente Nicolas Eymerich riuscì a scovarlo.
“Padre Fernando! Che fate qui?”
Fernando ebbe un sussulto e cercò di ingoiare in fretta, senza averlo ancora masticato a dovere, un boccone di non trascurabile stazza.
“Padre Eymerch?! Mi assicuravo che tutto, ehm, che tutto fosse in ordine, ecco…”
“Devo parlarvi, è una faccenda della massima urgenza.”
“Dite pure, padre.”
“Non qui.” Disse Eymerich volgendosi verso una delle porte che davano sul chiostro
“Seguitemi. Vi parlerò di una certa femmina,” aggiunse gelido.
Fernando abbassò il capo e seguì docilmente l’inquisitore.
Novembre 2054, Scanzano Ionico, Repubblica di Lucania, Federazione degli stati d’Europa.
“Comunicate al governatore che interverrò all’inaugurazione.” La voce dell’Imam appariva pacata, ma il tono era secco e lo sguardo inflessibile. “Nonostante avessi in precedenza declinato l’invito.”
Aveva deciso di non aggiungere altro per il momento, le linee dei vertici organizzativi erano già abbastanza intasate dagli olomessaggi provenienti da tutti gli angoli della Federazione e dai vari presidi extra-federali. Inoltre, il governatore non sarebbe di certo riuscito a raccogliere molte informazioni aggiuntive, impegnato com’era a mantenere un sorriso irreprensibile di fronte al mondo, mentre si lisciava compulsivamente la fascia argento e azzurra. Si trattava indubbiamente della cerimonia in diretta più lunga e pomposa della storia della Repubblica; quella che avrebbe potuto portare a lui e alle varie personalità politiche e industriali i più alti riconoscimenti, o la più devastante sconfitta.
“Grazie per il passaggio cari.” La guida spirituale rivolse un sorriso allo schermo che avvolgeva tutto il veicolo e con un lieve balzo toccò terra. “Dirigete pure la telenavetta verso casa, io credo che tornerò con altri mezzi.”
Si trovava già all’interno dell’area di sicurezza, e un brivido di raccapriccio le percorse la schiena quando vide l’impianto. Il datacom aveva potuto svelarle gran parte dei dettagli strutturali di quel mostro, ma non era riuscito a trasmetterle nemmeno un’eco delle orrende vibrazioni che provenivano dal suo cuore. Si fermò per un istante, fingendo di sistemarsi la lunga veste di cotone grezzo e la stoffa colorata che le cingeva i fianchi per poi salire sinuosa ad avvolgerle collo e spalle. Aveva deciso di indossare l’abito tradizionale somalo, non solo perché era sua abitudine in tutte le grandi occasioni, ma anche perché le consentiva di celare più agevolmente il microtrasmettitore che la teneva in contatto con Peter Stanton: “Approdata.”
Prese quindi ad avviarsi con passo lento e cadenzato verso i due funzionari che la stavano attendendo con un sorriso asettico dall’altra parte della pista, gli stessi che l’avrebbero scortata fino al palco delle autorità.
Anno del Signore 1365, nella città di Potenza. Convento dei Frati Francescani.
Severo stava camminando con circospezione lungo l’angusto corridoio che conduceva alla cella di Modesto, quando un fruscio lievissimo percorse la penombra dietro di lui. Da ragazzino agile e nevrile qual’era, riuscì a percorrere alcuni metri a ritroso e a svoltare l’angolo così rapidamente da intravvedere l’ombra di Modesto che si insinuava furtiva nella stanza di Michele. D’impulso, decise di acquattarsi contro il muro e di stare a origliare la loro conversazione. Era convinto che avrebbe raccolto molte più informazioni così, piuttosto che interrogando direttamente i confratelli: ormai sapeva che in sua presenza i due finivano immancabilmente per eludere certi argomenti, limitandosi a discorrere di mansioni e occupazioni di normale amministrazione al convento.
“Michele, lo so che non hai mai voluto avvicinarti al lago.” Il frate di Altamura fissava stupito Modesto, che a dispetto di tutti i codici francescani si era intrufolato nella sua stanza senza nemmeno annunciarsi all’uscio. “Il passato è passato, come dici sempre.”
Michele capì dallo sguardo scosso del compagno che qualcosa di grave doveva essergli accaduto. Eppure non c’era terrore nei suoi occhi, ma una vena di eccitazione e rapimento estatico. “Il Maligno è tra noi, Michele. Ricorda le profezie del Maestro.” Michele lo fulminò con lo sguardo: da quando erano entrati a far parte di quel convento, nominare certe parole era divieto assoluto. Ma Modesto continuò imperterrito: “E i miei incontri giù al lago, la bruna madonna sempre più ossessiva e insistente, e tutti gli adepti. Loro, loro erano con me e me l’hanno sospirato: Modesto ritorna con il Malvagio, perché a noi e alle nostre parole egli va consegnato.” Il frate melfitano raccontò quindi in maggior dettaglio di come l’inquisitore l’avesse costretto a condurlo giù al lago, e di come in quei luoghi egli paresse già atteso. “Fratello, tutto è stato predisposto e sta per compiersi. Piani che sfuggono al nostro discernimento, ma che porteranno la divina giustizia a trionfare. Perché il male venga estirpato, perché quelle parole smettano di risuonare – la morte viene dall’acqua – è necessario che lo spirito di molti sia presente, giù al lago. Il messaggio si sta diffondendo in tutti i vicoli, gli antri e le vallate qui attorno. E tu Michele non potrai sottrarti al grande disegno, tu che più di tutti ti sei tenuto a distanza da Eymerich e dalle sue sferzate inquisitorie. Quando il raduno avrà luogo, tu sarai il solo che saprà come affrontare quel sinistro domenicano. La sua presenza è necessaria, ma dobbiamo fare in modo che con il suo operato non avveleni il nostro supremo rito.”
Severo, immobile come un sasso fino a quel momento, ebbe un sussulto di gioia e guizzò via. Doveva affrettarsi, aveva molte cose da raccontare al giustiziere e ben poco tempo per preparare il piano d’attacco insieme ai suoi uomini.
Novembre 2054, Scanzano Ionico, Repubblica di Lucania, Federazione degli stati d’Europa.
Mordechai Wurtz completò l’ennesimo controllo delle apparecchiature, segnò dati e orari nella sua cartella e già cominciava a pregustare il piacere della pausa dopo le prime quattro ore di lavoro quando vide il dottor Peter Stanton, che procedeva spedito nella sua direzione.
“Peter! Che cazzo ci fai tu qui?”
“Ho bisogno del tuo aiuto Mordechai.”
Anno del Signore 1365, Napoli, Maschio Angioino.
Ancora una volta Giovanna I d’Angiò si ritrovò ad ascoltare un messo che portava nuove sui fatti di Potenza ed ancora una volta si mise allo scrittoio e cominciò la sua missiva indirizzata a Urbano V.
Anno del Signore 1365, Avignone, Santa Sede
Il cardinal segretario entrò concitato nello studio in cui Urbano V era occupato da faccende amministrative.
“Il vostro piano ha funzionato, Santità.”
“Di che state parlando, cardinale?”
“Il giovane francescano ha le prove di traffici illeciti tra il frate guardiano e Nicolas Eymerich.”
Un sorriso si stampò sul viso del Santo Padre.
“Traffici di che natura?”
“Commercio carnale, Santità! Pare che i due abbiano a che fare con una donna disposta a vendere il suo corpo in cambio di favori o denaro.”
Urbano V sapeva quanto fosse improbabile che Nicolas Eymerich si fosse macchiato di quel tipo di sozzo commercio, soprattutto in maniera così sciocca, ma quello che contava era che la parola di Severo da Benevento potesse mettere in dubbio la sua credibilità.
Anno del Signore 1365, Potenza, Palazzo del Giustiziere.
In piedi al centro della sala, la spada che gli pendeva al fianco, il Giustiziere di Basilicata guardava Severo con un’espressione indecifrabile. Possibile che l’uomo con cui doveva concordare le sue azioni, segnalato dalla Regina come emissario del Papa, fosse quel frate gracile e quasi adolescente? Eppure gli parlava con sicurezza ed autorità, e quello che gli aveva mostrato era proprio il sigillo di Urbano V.
“Le vostre parole sono molto gravi, fratello Severo”
“I fatti sono gravissimi, signore, e dovrebbero convincervi più delle mie parole.”
“L’Inquisitore di Aragona. Certo, la Regina mi aveva informato della sua presenza, ma voi ora vorreste che lo imprigionassi addirittura per eresia!”
“Lui, frate Modesto e tutti coloro che partecipano alle orge del Maligno.”
“Il Maligno, certo.” Il massiccio uomo d’armi sogguardò il frate: “Ma cosa succederebbe se non riusciste a provare la sua colpevolezza? Io rimarrei colui che ha emesso l’ordine di arresto. Il rischio è molto alto.”
Il Giustiziere era un uomo pratico, e Severo capì che doveva cambiare registro: “C’è solo un modo, signore: se li coglieremo sul fatto, nessuno potrà dirci nulla”
“Sta bene, frate. Cercate dunque di scoprire quando sarà la prossima di queste orge”
“E voi allertate i vostri uomini. Non avremo una seconda possibilità, dovranno essere pronti a tutto” si fermò un attimo. “Sapete, padre Nicolas è un uomo molto energico. Potrebbe tentare di sottrarsi alla cattura.”
Anno del Signore 1365, nella città di Potenza. Convento dei Frati Francescani.
Nicolas Eymerich misurava a grandi passi il pavimento del chiostro. Doveva assicurarsi la piena collaborazione di Fernando, e nello stesso tempo tenerlo sotto stretto controllo. Non si fidava di quel frate debole e corruttibile, ma stavolta aveva bisogno di un suo aiuto attivo, e non poteva eccedere con le minacce. Cominciò a parlargli con tono calmo ma risoluto: “Siamo finalmente arrivati alla resa dei conti con Satana e i suoi servi. Domattina mi servono una ventina di uomini robusti, che conoscano bene la zona”
“Ma, padre…”
“… E utensili da scavo per ciascuno di loro. E bestie per trasportare uomini e attrezzature, ché il viaggio potrà essere lungo. Partiremo all’alba.”
“All’alba? Ma in così poco tempo non sarà possibile reperire tutte queste persone.”
“Nel caso non l’abbiate capito, bisogna agire in fretta, e quello che vi sto dando è un ordine.”
“Sarà fatto, padre” balbettò il frate, abbassando lo sguardo “e, posso sapere…”
“Vi spiegherò tutto domani, strada facendo. Adesso il tempo è prezioso.”
“Ma… devo partire anch’io? Chi controllerà il convento?”
“Voglio essere chiaro, Fernando” Eymerich, senza alterare la voce, fissò lo sguardo negli occhi del frate guardiano: “Ho incontrato ieri una giovane donna, che dice di conoscervi molto bene. Molto più di quanto non sia consentito a una donna conoscere un ministro della Fede.”
Fernando spalancò bocca ed occhi, senza riuscire a dire una parola.
“Ovviamente non ho prestato fede alle sue menzogne. Ma altre orecchie le sentiranno, e certamente si troverà chi vorrà ritenerle vere. E voi non siete in condizioni di sostenere una simile accusa.”
Eymerich sogghignò al vedere il viso terreo del frate “Certo, se verrete con me, a salvare la città dal Maligno, la vostra situazione potrebbe cambiare.”
“Grazie, padre. Farò tutto quello che mi avete chiesto” riuscì a farfugliare Fernando, ormai quasi senza una volontà propria.
“Bene. Potete andare.”
L’incontro si era risolto brillantemente. Rimasto solo, Nicolas Eymerich poteva già progettare la prossima mossa.