E’ uscito quest’anno il nuovo lavoro degli americani Cerulean Veins, dei quali avevamo segnalato il primo, Self Entitled. L’ispirazione dei Cerulean Veins li colloca nell’ambito del postpunk revival, nelle immediate vicinanze degli Interpol e oggi, rispetto alla produzione precedente, notiamo un’attitudine più energica e risoluta oltre che una padronanza maggiore dei propri mezzi: la band non offre la luna, ma le melodie sono piacevoli, l’ascolto scorre e se l’originalità a volte latita, in area postpunk si è di certo sentita musica più banale. Blue contiene undici tracce, alcune delle quali assolutamente da apprezzare. Vediamo l’opener, “Fell in Love”: un inizio cupissimo e teso è subito ravvivato da una ritmica molto sostenuta basata sul gioco batteria/basso, la voce è decisamente all’altezza, per cui il pezzo può considerarsi riuscito. Subito dopo, “Hello, Darkness” richiama palesemente i Joy Division e ostenta un po’ troppo i legami con il passato e anche “Boo”, per quanto la chitarra sia bella e incisiva, si allinea comunque ai canoni senza aggiungervi granchè. Ma lo scenario fosco di “Ghost Memory”, così vicina alle produzioni migliori degli Interpol, non può non conquistare e anche “Silent as Ghosts” è definita dalla melodia davvero azzeccata; quindi, dopo la tristissima e patetica “Revenge of the Lonely” e l’ulteriore omaggio al postpunk revival in “Heard a Rumor”, troviamo i suoni ‘agili’ di “Dance in the Darkness”, altro episodio valido e gradevole. Delle ultime tre tracce, vogliamo menzionare soltanto la conclusiva “We’re All Stories in the End”, forse la più particolare del lotto, che unisce alla cupa atmosfera passaggi alla chitarra assolutamente vincenti che suonano toccanti ed evocativi: finale soddisfacente per un album non perfetto ma che va ben oltre la sufficienza.