Dopo tanti (troppi) anni, Milano torna ad ospitare un concerto neo-folk. A spezzare l’incantesimo di una città (almeno apparentemente) sempre più disinteressata all’appuntamento “live” ed appiattita su trite e ritrite serate in discoteca, è un nome prestigioso come Sol Invictus, per un evento organizzato dai ragazzi del Mi-Decay; prestigioso e storico è anche il locale che ospita l’evento: il Tunnel (zona Stazione Centrale) in cui non mettevo piede da oltre dieci anni e che ritrovo più piccolo ma decisamente più accogliente. Appena giungiamo al locale, noto subito con piacere che la risposta del pubblico è ottima: locale strapieno e ciò che più conta, si tratta di gente realmente interessata all’evento, visto che dopo il concerto non vi sarà alcun seguito danzereccio (per questo aspetto bisogna trasferirsi al non certo vicino Shelter).
I concerti devono chiudere entro le 23 (in realtà vi sarà, per fortuna, un gradito sforamento coi “bis” di Sol Invictus) e così alle 21.00 circa ha già inizio l’esibizione dei Green Man, duo milanese chiamato ad aprire la serata; come nelle altre occasioni in cui ho avuto modo di assistere alle loro esibizioni, i due non riescono a coinvolgermi (e questo discorso vale per buona parte del pubblico), pertanto seguo in maniera distratta la loro esibizione tra una chiacchiera e l’altra. Ingiudicabili.
Eccoci al momento tanto atteso… Sol Invictus in formazione a quattro: l’enorme Tony (con un cappellino che addosso a lui appare ancora più piccolo) alla chitarra, accompagnato da Andrew King (seconda voce e percussioni), una ragazza (violino e flauto) ed un bassista. Apertura con due classici come “Abattoirs of love” e “Media”, ri-arrangiate rispetto alle versioni originali e riconoscibili solo per il testo, quindi un brano (ottimo) tratto dal nuovo album in uscita nei prossimi mesi.
La scaletta attinge da diversi album della sterminata discografia della band inglese, soffermandosi in particolare sull’eccellente In the rain (1995), uno dei vertici della produzione di Tony Wakeford, nonchè un cardine del filone neo-folk. Da questo disco vengono eseguite “Stay”, “Believe me” e la splendida “An english garden” (una delle mie favorite di sempre); tra gli altri pezzi in scaletta, ricordo le più recenti “Eve” e “Old London weeps”, mentre più datate sono “Sawney bean”, “Lex Talionis”, “Black Easter” e la conclusiva “Angels falls”, per un’esaltante carrellata sulla discografia di un progetto che da oltre vent’anni ci regala ottima musica.
Personalmente potrei esprimere il rammarico di non aver potuto ascoltare pezzi come “Here we stand”, “The killing tide” e tante altre, ma del resto la produzione dei Sol Invictus è talmente ampia che per soddisfare le richieste ci vorrebbe un concerto di almeno tre ore. Una scaletta comunque più che soddisfacente ed un’interpretazione perfetta da parte dei quattro musicisti (unitamente all’ottima acustica del locale) hanno fatto sì che questa serata sia stata un grande successo; un pubblico numeroso ed in massima parte attento, ha seguito il concerto tributando ovazioni ad ogni brano e costringendo i Sol Invictus ad eseguire almeno altri tre pezzi rispetto a quello che Tony aveva introdotto come “ultima canzone della serata”. Non resta che sperare di non dover attendere troppo a lungo per altri eventi come questo a Milano.
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