Non nascondo il mio imbarazzo nell’approcciarmi alla recensione di Schwarzes Eis, ultima fatica dei Blutengel; ciò che mi crea difficoltà è infatti il cercare di non ripetere cose già scritte in precedenza, ma l’ascolto di questo disco (un doppio album, che diventa triplo nella “limited edition” in box per i fans piu’ incalliti) non fa che confermare che tutto ciò che dovevano dire, Chris Pohl & co. l’ hanno detto da tempo e, di conseguenza, tutto ciò che si poteva scrivere al riguardo è stato scritto. Gioco forza quindi ripetersi e scrivere cose già scritte in passato riguardo i consueti clichè “gotici” a cui i Blutengel attingono a piene mani, alle canzoncine elettro-goth dai refrain immediati e ballabili ma che si ripetono ormai invariabili da anni ed anni… insomma, un disco che non riserva certo grosse sorprese e che suona come può già facilmente immaginare chi ha una minima confidenza con la precedente produzione della band tedesca. Le quindici tracce del cd1 si muovono quindi lungo i consueti canoni del Blutengel-sound ma, se possibile, mi paiono addirittura piu’ “spompate” del solito; anche senza scomodare il solito Seelenschmerz (consueto metro di paragone per ogni nuovo album dei Blutengel), il nuovo cd mi pare inferiore al precedente e già non trascendentale Labyrinth… una sequela di brani che passano senza lasciar traccia di sè. Il cd2 è invece un “concept” con tracce (otto) esclusivamente strumentali: un’opera francamente pretenziosa che lascia il tempo che trova, mentre il terzo dischetto (che ricordo è incluso solo nel box) ci propone altre dieci tracce per le quale vale grosso modo il discorso già fatto a proposito del cd1. A dispetto delle mie opinioni (e dei tanti detrattori), mentre scrivo queste righe il disco fa irruzione al 17esimo posto della German Media Control Album Charts (classifica di vendita “reale”, da non confondere con la “virtuale” Deutch Alternative Charts)…insomma, con buona pace di tutti, Chris Pohl ha vinto anche questa volta.
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