Fa centro ancora una volta – e forse con maggior grinta e consapevolezza delle precedenti – il duo tedesco La Scaltra, che ha di recente pubblicato il nuovo lavoro Mater. Se all’inizio Aeleth Kaven e Dae Widow sembravano semplicemente voler riprodurre, seppure con grande abilità, i canoni della tradizione darkwave e goth, Mater esplora campi assai più oscuri e propone atmosfere impegnative e spesso ‘misticheggianti’, con precisi riferimenti ad una spiritualità inquietante e seducente al tempo stesso. Musicalmente, troviamo una varietà e una ricchezza molto intriganti, con numerosi vertici drammatici a tinte doom che acuiscono la tensione dell’ascolto, alternati a passaggi più facili, anche se mai banali. L’esordio appartiene alla tenebra: prima l’”Intro”, poi, di seguito, la title track, aprono uno scenario caliginoso ed enigmatico, sostenuto da note elettroniche potenti, voci rituali e suoni naturali che fanno pensare a una qualche misteriosa celebrazione ‘stregonesca’; nella title track irrompe quindi l’impeto di una chitarra dirompente che ben si abbina al canto allorchè oscilla da una velata magia a improvvise tonalità growl. Subito dopo uno degli episodi più efficaci, “Azazel”, che, non a caso, è ‘intestato’ a un demone: anche qui la chitarra spadroneggia letteralmente in un crescendo travolgente per reinterpretare quella tradizione in chiave giustamente ‘demoniaca’ e, a questo scopo, si avvale del valido contributo vocale di Konstantin Michaely dei Wisborg. Segue la altrettanto energica ma assai più accessibile “Dancing On Debris”, che offre un piacevole momento ballabile, mentre “Vassago” – si noti il ritorno agli inferi! – opta per un lugubre piano e una grande chitarra, riportando il ‘baricentro’ verso un contesto plumbeo; “Delilah” introduce un clima più delicato dal sapore wave. Poi, con “The Green Light” si torna all’ispirazione doom/apocalittica e “Rites of Bacchus” approfondisce l’elemento – appunto – rituale mediante sottili e inquietanti sonorità ‘sciamaniche’. Infine, la bellissima “Harmageddon” conclude all’insegna della suggestione in una sorta di apoteosi emotiva un album che, a nostro avviso, ha già lasciato un’impronta sulla musica del 2023.